Cazzate e risse, Ibra si racconta: “rubavo le bici per andare ad allenarmi. Mia madre? Quanti schiaffi ho preso”

Zlatan Ibrahimovic ha parlato della sua adolescenza e dei segreti della sua vita, rivelando di aver rubato da giovane molte biciclette per andare ad allenarsi

SportFair

Risse, scazzottate e molte cazzate. Zlatan Ibrahimovic nella sua vita non si è fatto mancare niente, nemmeno i furti di biciclette. Lo svedese ha sempre vissuto al limite e anche oltre, riuscendo a raggiungere tutti i suoi obiettivi grazie a un’autostima sconfinata. Per questo motivo oggi è uno dei migliori giocatori del pianeta, nonostante abbia compiuto 39 anni.

L’arrivo al Milan

Ibrahimovic
Emilio Andreoli/Getty Images

Zlatan Ibrahimovic ha raccontato in una lunga intervista a Sportweek i segreti della sua carriera, partendo dai motivi che lo hanno portato a scegliere il Milan: “ho giocato in tanti club e ho rispetto per tutti i miei club. Grandi ricordi. Ma il Milan è il club dove mi sento a casa. Vado a Milanello ogni mattina e non ho fretta di tornare a casa, perché sono a casa. Mi sono sentito così la prima volta che sono venuto al Milan, era il 2010. Con Galliani e Berlusconi, con la squadra, tutti quelli che lavoravano lì, c’era un altro feeling, un’altra atmosfera. Ti facevano sentire a casa. ‘Sei a casa tua, fai quello che vuoi però devi portare i risultati’. Questo mi piaceva perché potevo essere me stesso e allo stesso tempo giocavo per uno dei club più grandi al mondo. Per questo per me il Milan è il top of the top. A Milano ho tanti amici, non sarà strano per me viverci anche quando avrò smesso di giocare: in questi dieci anni è cresciuta tanto, è molto internazionale, mi piace”.

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Pallone d’Oro

Ibrahimovic
Marco Luzzani/Getty Images

Tanti i premi nella sua bacheca ma non il Pallone d’Oro, anche se Ibra non lo scambierebbe con i suoi riconoscimenti: “non cambierei i miei 12 Guldbollen per uno di France Football. Perché per me significano continuità. Ho visto tanti che hanno vinto Mondiale, Europeo, Champions League, anche il Pallone d’oro, hanno avuto un anno meraviglioso, fantastico, poi dopo sono spariti. Invece io sono nel game da 25 anni. Sempre al top. Sempre al top. Allora non cambio niente per una cosa, perché una cosa è come un k.o., un colpo fortunato. Questo non è un one lucky shot. C’è una grande differenza“.

Le bici rubate

Ibrahimovic
Lars Baron/Getty Images

Un’adolescenza particolare quella di Ibra in Svezia, caratterizzata anche da molti furti: “ci sono le biciclette che rubavo quando ero giovane, non una, tante: per andare all’allenamento dovevo fare 7 chilometri, non avevo i soldi per comprarla e se per strada ne trovavo una, la prendevo… in prestito. Prendevo, andavo, poi qualcuno la prendeva a me. Si faceva a giro. Poi una volta ho rubato quella del mister della Primavera del Malmoe, Jula. Dopo l’allenamento ero stanco e dovevo tornare a casa. Dopo tre giorni gliel’ho restituita, è lì che mi sono inventato la storia del prestito: gli ho detto ‘mister, ti ho riportato la bike’. L’avevo presa solo in prestito“.

“Mia madre mi picchiava”

Ibrahimovic
Julian Finney/Getty Images

Un rapporto particolare quella con la madre Jurka, che non ha mai lesinato schiaffi nei confronti dei suoi figli: “è forte, è la più forte di tutti. Quando non facevo le cose, mi picchiava. Quando sbagliavo, anche se non pensavo di sbagliare e invece sbagliavo, lei mi picchiava forte, forte. Molto forte. E picchiare me… Anche adesso mi attacca quando non va bene qualcosa. Lei era da sola con cinque bimbi, faceva le pulizie tutto il giorno in giro per case e quando tornava da noi, era stanca. Noi facevamo casino, io quando ero piccolo ero molto attivo, sempre in movimento. Vivevo da papà, ma andavo lì per mangiare. Ci preparava i maccheroni con il ketchup, roba per poveri. Pane e latte, che ci riempiva la pancia. Aveva un budget piccolo e doveva cucinare per tanti. Mi buttava fuori: mangi troppo. Quando sbagliavo, mi picchiava. Una volta sono salito su una casa, sul tetto e sono caduto giù. Sono tornato a casa con un occhio blu, tanto male. Ho aperto la porta e sono corso da lei, piangevo: mi ha guardato e mi dato uno schiaffo… sbam! Le ho chiesto, perché? ‘Chi ti ha detto di salire su quel tetto? È colpa tua’, mi ha detto. Finito. È una donna forte, ha lavorato tanto nella sua vita, non è stato facile. Forse siamo quello che siamo perché ci ha cresciuti così“.

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