
Qualche giornata di riposo per i piloti della MotoGp prima di tornare in pista per l’ultima sessione di test pre-stagionali, in Qatar, dove avrà inizio il Motomondiale 2018. Prove problematiche e insoddisfacenti per la Yamaha sul nuovo circuito della Thailandia: Rossi e Vinales hanno infatti avuto qualche difficoltà di troppo, non riuscendo a migliorare il feeling con le proprie moto rispetto alla stagione passata. In attesa di scoprire se a Losail il Team di Iwata riuscirà ad avere qualche soluzione ai problemi, Valentino Rossi ha rilasciato una bellissima intervista a Riders, nella quale si è focalizzato più su aspetti extra tecnici ed extra competizione. Il primo pensiero del Dottore non poteva che essere dedicato al suo amico Marco Simoncelli, al dolore provato dopo la sua scomparsa e ai sensi di colpa per essere coinvolto nell’incidente:
“Eravamo molto amici, stavamo insieme quasi tutti i giorni, spesso dopo l’allenamento, andavamo a cena a casa di Carlo (Casabianca, il preparatore atletico), con il Sic che portava il sushi e che ne mangiava il doppio di noi. Essere anche coinvolto nell’incidente è stato devastante e difficile da superare, ma non ho mai pensato di smettere. Mi è dispiaciuto essere lì, se fossi stato due moto più avanti sarebbe stato un po’ più facile, ma con il tempo passa tutto e quando penso al Sic ho solo ricordi positivi. Sono andato avanti per amore. Sennò avrei già smesso: una situazione come quella dell’incidente di Marco non la superi. Ero già grande, avevo vinto dei Mondiali, potevo dire basta. Ho cercato di dividere le due cose, il dolore e quello che si deve fare per superare. Poi ho pensato alla carriera, che volevo continuare, volevo tornare in Yamaha e tornare a vincere”.
“L’Academy nasce da Marco Simoncelli, che nel 2006-2007 era in crisi, non andava forte e mi chiedeva di vedere come mi allenavo. Io ero suo amico, ma ero geloso del mio modo di lavorare: ero titubante, ma mi sono detto che se c’era qualcuno che mi faceva compagnia quando mi allenavo con il cross era bello. Da lì nasce l’Academy. Nel frattempo arriva Franco Morbidelli e poi purtroppo arriva l’incidente del Sic e anche per ricordarlo abbiamo proseguito con il progetto”.
“Lo Sky Racing Team VR46 in MotoGP? È un’idea che c’è. Sarebbe bello…”
Marquez? È impressionante quello che fa, anche perché non cade più: l’anno scorso si è salvato talmente tante volte che non può più essere un caso. Per me lui si è adoperato per migliorare questa tecnica, il suo stile di guida lo aiuta, non so se è naturale o ci ha lavorato, ma lui mette il corpo fra la moto e l’asfalto, usandolo per non cadere. Prima di lui non era mai successo: secondo me non è l’elettronica, ma la moto, a Pedrosa quando gli succede, cade. La Honda è fatta in un modo che quando la ruota davanti si chiude continua comunque ad appoggiare, un’altra moto, tipo la nostra, se chiude davanti, la ruota tocca la carena e non la tiri più su”.
“Nasce dal Campionato italiano dei primi anni: non avevo la tuta su misura e facevo quel movimento per metterla a posto nelle ginocchia e all’altezza del culo. È diventato un rituale, non è una preghiera, ma un momento di concentrazione perché quando si sale in moto, da corsa o da strada, è pericoloso: lo faccio per dimenticarmi di quello che c’è stato fino a lì e pensare solo a guidare. Salgo sempre dal lato destro perché lì c’è il gas”.
“Avere una figlia o un figlio sarebbe bello uguale, ma adesso, se potessi decidere, mi piacerebbe avere un bambino. Perché avrei più cose in comune da condividere”.