
Nella notte di ieri, i Los Angeles Lakers hanno subito la peggiore sconfitta della loro gloriosa storia. In quel di Dallas i Mavericks hanno letteralmente sotterrato i Lakers sotto 49 punti di differenza, per un totale di 122-73, con Nowitzki e compagni arrivati a toccare +53 di parziale alla fine del quarto periodo: il tutto da inquadrare in una delle peggiori stagioni dei texani. Una sconfitta che non lascia spazio ad alibi, arrivata nella notte dell’anniversario degli 81 punti firmati da Kobe Bryant contro i Raptors nel 2006. Ad un anno dall’addio di Kobe, i Lakers si ritrovano profondamente cambiati. La gloriosa squadra del passato non esiste più, ed è anche normale, il basket è fatto di cicli come qualsiasi altro sport: questo è il momento di ricostruire, di dar spazio ai giovani, ai ‘Nuovi Mamba‘.

La qualità non manca: Julius Randle nello spot da big man ha già infilato qualche tripla doppia in stagione, Brandon Ingram, appena draftato, è uno dei talenti più cristallini della lega, mentre D’Angelo Russell è già colui che in teoria dovrebbe poter prendere in mano la squadra, nonostante la giovane età. A fare da collante i ‘vecchi’ Lou Williams e ‘Swaggy P’ Nick Young, con Timofey Mozgov acquistato in estate per dare maggiore esperienza alla squadra.

In teoria, il progetto è sulla via giusta, in pratica il +49 di Dallas lascia più di una perplessità. Forse il progetto Lakers post Kobe non è così positivo come sembra? Il problema se non è da ricercare nella qualità dei giovani, risiede forse nella mentalità. Famosissima la ‘Mamba Mentality‘, i 5 dogmi del credo messi sul parquet da Kobe Bryant e trasmessi ai compagni in ogni partita, un concetto forse andato perduto con il ritiro del Black Mamba.

– La passione per il basket – Un concetto che va al di là del semplice impegno. “Non volevo mai smettere di giocare” diceva Kobe, ai giovani forse manca il concetto di etica del lavoro, di lottare non solo per la maglia, ma anche per diventare i ‘nuovi Mamba’

– L’ossessione per i dettagli – Ciò che fa la differenza fra un gran giocatore e un campione. Spiegare ai giovani Lakers ogni singolo aspetto del gioco, dal primo passo sul parquet in allenamento, alla marcatura difensiva, dallo studio nei minimi particolari dell’avversario, alla cura di un movimento o una giocata elementare.

– Competizione – “Competere sempre ma mai andare oltre le regole”, diceva Kobe. Uscire dal parquet come dopo una battaglia, lottare insieme ai compagni per mettere un canestro in più degli altri, sempre nel rispetto del gioco e degli avversari.

– La resilienza – La capacità di fare la differenza nelle avversità. Lampante il blackout dei Lakers sul 38-11 del secondo quarto, o sul 32-18 del quarto periodo. Un crollo psicologico dettato forse dall’inesperienza, ma che fa la differenza fra buoni giocatori e campioni. Kobe nella storica serata degli 81 punti recupero una partita da solo da -18 contro dei Raptors che in attacco facevano il bello e il cattivo tempo.

– Superare le proprie paure – Forse il concetto più difficile. “Ho avuto paura nella mia vita, ma l’ho sempre accettata come sfida, non ho mai lasciato che ne fossi preda”, disse Kobe in un intervista. I giovani Lakers ieri notte, come detto, sono crollati alle prime difficoltà, davanti a degli avversari apparsi più grandi di quel che la loro stagione fa credere.
Cinque dogmi dai quali i Lakers devono ripartire, 5 concetti di un mantra del quale fare tesoro per tornare a stritolare gli avversari e stenderli con i propri morsi carichi di veleno: 5 concetti per trasformare dei giovani talenti in dei nuovi, spietati, ‘Black Mamba’.

