La Direzione distrettuale antimafia di Bologna ha chiesto alla Procura di Forlì gli atti dell’indagine su Marco Pantani: nuova svolta per fare chiarezza su Madonna di Campiglio
Marco Pantani a Madonna di Campiglio, nella penultima tappa del Giro d’Italia che nel 1999 aveva già stravinto, è stato escluso in modo irregolare e illecito, su pressioni della camorra per interessi economici legati al giro delle scommesse clandestine. L’ipotesi, sempre più credibile 16 anni dopo quel tristissimo giorno per lo sport, è confermata dalla richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bologna, che ha chiesto alla Procura di Forlì gli atti delle indagini in corso, per fare luce sui collegamenti tra la criminalità organizzata e l’esclusione del Pirata da quel giro.
Infatti, come svela Francesco Ceniti sulla Gazzetta dello Sport oggi in edicola, da Bologna nei giorni scorsi è partita una richiesta precisa verso Forlì: vedere gli atti d’indagine svolti (titolare il p.m. Lucia Spirito con la supervisione del capo procuratore Sergio Sottani) per avere la conferma sull’ipotesi che possa esserci di mezzo la camorra. I documenti sono nelle mani del sostituto procuratore Enrico Cieri (impegnato anche nella maxi inchiesta sulla infiltrazione massiccia della ‘ndrangheta tra Modena e il capoluogo emiliano) che già lo scorso anno si era occupato di Pantani quando c’era stato uno scambio d’informazioni con la Procura di Forlì proprio dopo le indiscrezioni di stampa che scrivevano di una possibile conferma in questa direzione dopo l’interrogatorio del bandito Renato Vallanzasca. Ma adesso ci sono anche nuovi elementi, l’ormai famosa intercettazione di un camorrista che conferma le parole di Vallanzasca e altri rincontri raccolti dagli inquirenti.
Chi conosce bene il ciclismo e la storia di Pantani, ha già ben chiaro come quel giorno Marco era pulito e sia stato espulso per un complotto. Bisognerà adesso capire come e da chi è stato ordito, quali sono stati i “complici” della criminalità dentro il circuito dell’UCI e del Giro d’Italia, e perchè Pantani è stato contrastato anche negli anni successivi soprattutto al Tour de France. Potrebbero emergere particolari clamorosi. Intanto l’accusa più grave potrebbe essere quella dell’associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva e truffa aggravata. Il p.m. Cieri in questi giorni valuterà il da farsi anche perché la discesa in campo della Dda andrebbe a rimescolare pure le deleghe d’indagine: Forlì si era avvalsa dei carabinieri e della polizia giudiziaria con l’aggiunta dei colleghi del Comando tutela della salute di Roma. Il lavoro svolto era stato intenso: in Procura erano state ascoltate diverse persone informate sui fatti. Non solo, a maggio c’era stato il lungo interrogatorio dei tre medici e dell’ispettore che effettuarono il prelievo su Pantani. Il procuratore Sottani aveva parlato espressamente di una ipotesi (la deplasmazione del sangue) che potrebbe essere stata usata per alzare l’ematocrito. I carabinieri avevano raccolto altri dettagli inediti e mai raccontati su quel 5 giugno. Persino le minacce ricevute da un teste chiave. Tutto questo lavoro ora potrebbe finire sotto il cappello dalla Dda che avrebbe la possibilità di gestire l’inchiesta anche riaffidando le deleghe d’indagine agli stessi soggetti. E la Procura di Forlì in qualche modo continuerebbe il lavoro: l’obiettivo sarebbe scoprire le azioni messe in atto dalla camorra e soprattutto incastrare i complici che avrebbero messo in atto l’alterazione del test per far squalificare Pantani.
Il boss Vallanzasca negli scorsi anni aveva ricordato come durante il Giro 1999, mentre era nel carcere di Novara, un detenuto affiliato ad un clan della camorra gli aveva consigliato di puntare molti soldi sui rivali del Pirata “perché tanto il pelatino non arriva a Milano“. Per anni Vallanzasca si era rifiutato di collaborare con gli inquirenti, temendo vendette. Nel 2014 in una intervista a Mediaset aveva riaperto la questione, dando dei dettagli in più. E nell’ottobre 2015 nell’interrogatorio con i carabinieri aveva ristretto il cerchio a pochi nomi. La “svolta” del caso è arrivata per una pura coincidenza: uno dei sospetti (dopo aver negato ogni coinvolgimento) sotto controllo per un’inchiesta che non c’entrava nulla col ciclismo, sentendosi al sicuro, aveva confermato a un amico la tesi di Vallanzasca. La confidenza è stata intercettata. Ecco perché la Dda vuole andare a fondo in una storia che ha un respiro internazionale anche a distanza di 16 anni. Sperando che sia la volta buona per restituire giustizia dovuta (e quel Giro d’Italia) ad un campione eccezionale che ci manca ogni giorno di più.