Trasformare la diversità in un punto di forza, Lewis Hamilton a 360 gradi: “quando ero bambino i supereroi erano tutti bianchi”

Lewis Hamilton, le problematiche legate al razzismo ed io suo impegno nel Circus per migliorarlo: il campione del mondo di F1 a 360 gradi

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E’ tutto pronto ad Imola per il secondo appuntamento della stagione 2021 di Formula 1. I piloti arrivano carichi, riposati e motivati a far bene, primo fra tutti il campione del mondo in carica, Lewis Hamilton, vincitore del Gp del Bahrain, prima gara stagionale. Il britannico della Mercedes sta disputando la sua 15ª stagione in Formula 1 e nonostante gli impegni e le passioni extra sportive, che riguardano la musica e la moda, Lewis non sembra essersi ancora stancato della sua vita di pilota. Intervistato dalla ‘rosea’ che celebra i suoi 125 anni, Hamilton ha raccontato come è cambiato in questi 15 anni di carriera e non solo: “sono lo stesso degli inizi, solo con più esperienza: gli alti e bassi, le cicatrici che rendono la tua pelle più dura, è un adattamento continuo. Gli ultimi 15 anni mi hanno insegnato più di tutti quelli precedenti, su come navigare nel mondo, costruire e migliorare le relazioni umane e professionali. È stato un viaggio incredibile. Non è cambiare: resti la stessa persona, ma cresci“.

lewis hamilton
Foto di Kenan Asyali / Ansa

Il lavoro di squadra fa parte da sempre della mia carriera, a iniziare da mio padre e mia mamma adottiva. Ricordo quando ero bambino e partivamo in macchina per le gare di kart: lei cercava di tenerci al caldo durante il viaggio, con il mio fratellino in braccio, e si occupava di noi in pista così potevamo concentrarci sulla corsa. Non ce l’avrei mai fatta senza di lei e papà che lavorava per crearmi un’opportunità di vita. Per arrivare poi a questi 15 anni di GP in cui ho avuto a che fare con gente di grande capacità e intelligenza, tirando fuori il massimo da loro come loro hanno fatto con me“, ha aggiunto Hamilton.

Hamilton
EPA/Giuseppe Cacace/ANSA

Il campione del mondo di Formula 1 ha parlato poi di una serie di problematiche del Circus: “mi sono guardato intorno, mi sono chiesto perché il nostro sport avesse questo problema. Non ero soddisfatto della risposta, sembra che nessuno ne conosca il motivo. Serve partire dai dati per scoprire che barriere ci sono all’ingresso. Perché i ragazzini neri, ad esempio, non scelgano di studiare certe materie per finire poi in università e di conseguenza a lavorare in F.1. Ho messo insieme una commissione, che da 9 mesi sta lavorando con tanta gente impegnata, analisi, incontri su Zoom, conversazioni e discussioni, idee. Per luglio dovremmo essere pronti con qualche risultato solido e informazioni concrete. Che metterò a disposizione della Mercedes, degli altri team e della Fia. È un processo lungo, richiede tempo, ma adesso la gente si è fatta l’idea che un cambiamento serve“.

Lewis Hamilton
Foto di Valdrin Xhemaj / Ansa

Hamilton ha ammesso poi di sognare un futuro nel Circus, anche dopo aver terminato la sua carriera da pilota, proprio per lavorare duramente su queste problematiche e risolverle una volta per tutte: “potrei, e credo di volerlo. Ma è difficile per me pensare a quando non correrò. Crescendo ho imparato che cambiare le cose quando ci sei dentro è più facile e riesce meglio rispetto a quando lo vuoi fare da fuori. La F.1 mi ha offerto una piattaforma per raggiungere un sacco di gente, informare, mandare messaggi positivi, incoraggiare le persone, spingere. A un certo punto anch’io mi dovrò fermare, ma la missione per rendere il motorsport più inclusivo non uscirà mai dalla mia mente, è qualcosa per cui vorrò sempre lottare. Non bastano certo uno o due anni, il problema dev’essere attaccato dal basso, la vera chiave è la fase dell’istruzione, guardare ai giovanissimi e incoraggiarli per avere poi più meccanici, ingegneri, donne e di tutti i colori, nei GP“.

Hamilton
Foto di Valdrin Xhemaj / Ansa

Infine non è mancata una parentesi sui suoi idoli sportivi: “Ali, da quando ero ragazzo, è il mio re: come atleta, attivista, per la grandezza dell’uomo e della sua voce, era il più intelligente e quindi riusciva a farsi sentire. Nessuno è stato come lui. Poi Serena Williams, una delle più grandi persone e sportive che io abbia ammirato, un fenomeno. Questi svettano, ma ci metterei anche Tiger Woods. Hanno la pelle come la mia, e questo ha inciso. Tra le cose che si notano da bambino c’è che le action figures, i modellini, i supereroi, sono tutti bianchi. Superman era il mio preferito ma dicevo “non è uguale a me”, quindi nella mia mente non c’erano persone di colore che potessero diventare supereroi. Invece un ragazzino deve essere in grado di immaginare di avere poteri illimitati, di cambiare il mondo. Se ti limitano psicologicamente così, hai bisogno di eroi e allora lo sport aiuta. Loro sono stati i miei supereroi“.

 

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