Tennis, il giovane Luca Nardi e l’esplosione frenata (per ora) dal Coronavirus

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Il destino ha la sua puntualità. Luca Nardi, uno dei talenti italiani più promettenti in circolazione, ha conquistato la settimana scorsa il suo primo titolo professionistico della carriera. A soli 16 anni, il forte prospetto pesarese si è laureato campione nel Future di Sharm El Sheikh garantendosi l’ingresso nelle prime 1000 posizioni mondiali. A settembre ha salutato Pesaro, la città natale, e si è trasferito a Tirrenia al Centro Tecnico Federale, dove è seguito giornalmente nel suo percorso di crescita da tecnici esperti e preparati. “Luca è un ragazzo estremamente intelligente ed equilibrato – dichiara Claudio Galoppini, ex coach storico di Paolo Lorenzi -. Quando ha preso questa decisione aveva inizialmente un po’ di timore ad allontanarsi da casa ma per fortuna si è ambientato molto presto e meglio di quanto potessimo immaginare in partenza. L’abbiamo subito messo a suo agio concedendogli la giusta elasticità in questo nuovo importante capitolo della sua vita”.

Ogni lungo viaggio inizia con un primo passo. In virtù dell’exploit compiuto in Egitto, Luca Nardi è diventato il secondo classe 2003 al mondo dopo il talento spagnolo Carlos Alcaraz Garfia ad assicurarsi un titolo professionistico. “Quando sono andato a Sharm El Sheikh non avrei mai creduto di potermi spingere così in fondo – ammette Luca -. Provenivo da un periodo negativo nel quale non sentivo bene la palla ed ero giù di corda. Ero così scontento che non riuscivo più a ritrovare la felicità che tanto desideravo sul campo da tennis”. Il percorso di Luca è stato un crescendo continuo grazie ai successi che si ripetevano e alla consapevolezza che aumentava partita dopo partita. “Vincere aiuta a vincere – dichiara Nardi -. Dopo la prima partita ho acquisito fiducia nonostante non avessi affatto espresso un bel tennis. Quel match mi è servito per alzare il mio livello di gioco nelle successive gare giocate”.

In finale è andato in scena uno scontro generazionale senza precedenti (atto conclusivo nella storia ITF con maggior scarto d’età) tra il navigato Jaroslav Pospisil, classe 1981 ed ex numero 103 ATP nel 2011, e il giovanissimo Nardi. “È stata una battaglia di poco meno di tre ore nella quale mi sono imbattuto in un giocatore solido ed esperto. Non mi aspettavo giocasse così bene e che potesse tener botta sulla lunga distanza in quel modo. Fisicamente non è mai calato, nel terzo set contro ogni mia previsione ha aumentato l’intensità ma alla fine l’ho spuntata al tie-break. Propositi per il futuro? Grazie a questo mio primo titolo spero che il periodo buio possa essere definitivamente alle spalle. Al termine della finale ero finalmente felice, è stata una sensazione splendida. Festeggiamenti? Mi sono rilassato in piscina e ho mangiato un po’ di sushi in compagnia del mio coach Claudio Galoppini. Sono un ragazzo tranquillo che non ama gli eccessi”.

La giusta scelta del momento è in tutte le cose il fattore più importante. Non è stato semplice per Luca abbandonare Pesaro e immergersi in una realtà totalmente nuova lontano dai suoi cari e dagli amici d’infanzia. Al Centro Tecnico Federale di Tirrenia, Nardi ha però sin da subito trovato un ambiente accogliente per crescere sia come persona che come tennista.
Posso dire di essermi trovato a mio agio appena varcata la porta d’ingresso e di sentirmi oggi notevolmente migliorato rispetto ad un anno fa. Prima di trasferirmi in Toscana la mia visione del tennis era differente – confessa il marchigiano -. Lo consideravo semplicemente un puro divertimento mentre dopo questa scelta ho iniziato a fare le cose seriamente con l’ottica che il tennis potesse diventare il mio lavoro in futuro. Cos’è cambiato? È salita esponenzialmente l’intensità degli allenamenti, mi sono concentrato sullo sviluppo del mio gioco e ho costruito una nuova mentalità. La figura di Filippo Volandri? Mi è stato sempre vicino e tramite i suoi consigli preziosi mi sono calato molto bene nella parte. Oltre a lui ringrazio tantissimo il mio coach Claudio Galoppini, con cui mi trovo benissimo, e tutti i ragazzi con cui mi alleno quotidianamente. La loro presenza è stata fondamentale perché hanno favorito il mio inserimento all’interno del gruppo. Siccome mi ritengo un ragazzo sensibile, avevo bisogno anche di questo per esprimermi al meglio ed essere pienamente felice”.

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