Dalla notte di Atene alla paura per la… targa, a tutto Inzaghi: “al Milan ho imparato che…”

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Intervistato dalla Gazzetta dello Sport, Filippo Inzaghi ha parlato della sua esperienza al Milan e della situazione attuale di Montella

Atene nel passato ma anche nel presente del Milan, la città greca ha regalato ai rossoneri una Coppa dei Campioni e una Champions League che ha impresso su di sè il nome di Filippo Inzaghi. Proprio l’attuale allenatore del Venezia si è concesso ai microfoni della Gazzetta dello Sport, ripercorrendo la finale del 2007 e soffermandosi sull’attuale momento di Montella e della sua squadra.

Quando penso all’Olimpico di Atene penso a qualcosa di straordinario” le parole di Inzaghi alla Gazzetta dello Sport. “Io non ci sono più tornato, anzi non sono proprio più tornato ad Atene e mi auguro di poterlo fare, ovviamente da allenatore. Sarebbe una grande emozione. Mi auguro che l’Olimpico sia di buon auspicio per il Milan e che da lì possa ripartire per tornare in alto. L’habitat naturale del Milan è la Champions, ma il presente impone di ripartire e se il presente si chiama Europa League occorre affrontarla a testa alta senza fare gli schizzinosi. E poi ha deciso tutto la classifica, no? Tra l’altro questa Europa League mi fa fare un sogno. Quale? Una finale Milan-Lazio, che coinvolgerebbe i miei affetti familiari e calcistici: mio fratello e il Milan. Sarebbe il massimo. I rossoneri potrebbero arrivare in fondo perché hanno un organico importante e quindi occorre quantomeno provarci. Anche se quando si cambia molto comunque serve tempo“.

Federico Tardito

Per un po’ di tempo, Inzaghi ha creduto che si trattasse di un sogno: “dormire in realtà è una parola grossa dopo tutte quelle emozioni. La prima notte ho dovuto prendere un sonnifero e nelle successive dieci, giuro che non sto scherzando, non ho proprio dormito. Mi svegliavo di continuo pensando sempre di sognare. Poi vedevo sul comodino la targa vinta come miglior giocatore della partita e capivo che era tutto vero. A quella targa tengo da morire: tempo fa mi hanno rubato in casa a Milano ed è stata la prima cosa che ho cercato. Potevano prendermi tutto, ma non quella. Per fortuna non l’avevano presa. Durante la vigilia stavo pranzando, quando mi chiamarono al telefono. Era Berlusconi. Non ricordo con esattezza se mi pronosticò che avrei fatto due gol, o se mi fece promettere che li avrei fatti. So solo che successe. Pazzesco”.

LaPresse/Spada

Dal suo Milan a quello di Montella, il passo è breve: “con Vincenzo ci siamo giocati la classifica marcatori nel 1996-97, io giocavo a Bergamo e lui alla Samp. Alla fine la spuntai io. Siamo anche stati compagni in Nazionale, gli auguro il meglio. La fortuna di un allenatore è trovare un club e una squadra che ti seguono. E io li ho. Perché nessun tecnico dipende soltanto da se stesso. Rimpianti dei miei tempi da allenatore del Milan? non ne ho. Semplicemente, occorre trovarsi al posto giusto nel momento giusto e mio fratello alla Lazio ne è la prova migliore. Al Milan ho gestito un gruppo complicato in un momento difficile e questo mi ha fatto capire che posso fare questo mestiere“.

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