Stayer: chi era costui?

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Leggende del ciclismo d’altri tempi: ecco cosa sono gli stayer

Immaginate una pista come quella del Vigorelli: 42.5% di pendenza. A dirlo, 42.5 di pendenza, mette paura. A vederla, tale inclinazione, fa dire: impossibile che su questa pista in legno ci corrano per davvero delle bici. La verità è che su piste come queste correvano, alcuni anni fa, non solo le bici, ma anche delle moto. Quello di cui stiamo parlando andava sotto il nome di “Stayer”: “nel ciclismo, corridore specialista delle gare in pista dietro motori (cioè, il corridore che gareggia mantenendosi a contatto di ruota dietro una motocicletta opportunamente attrezzata, nelle gare cosiddette di mezzofondo).” Stayer era, a dire il vero, per tutti gli appassionati, la definizione di queste gare in cui a competere erano delle coppie: due uomini, una moto, una bicicletta.

La moto davanti, a tirare l’andatura, la bici dietro, a succhiare la ruota e a raggiungere velocità da capogiro: 80, 100 chilometri l’ora. Dato che stiamo parlando degli anni 50 e 60, capirete bene che cosa significavano tali velocità, all’epoca. Roba da marziani. E un po’, marziani, i piloti delle moto da Stayer lo erano, a modo loro. Di nero vestiti, seduti “in verticale”, a gambe aperte, per tagliare l’aria al ciclista, le braccia distese lungo il corpo leggermente arcuate quando imbracciavano il manubrio, la posa fiera, immobile, a tratti imbalsamata, mentre le loro motociclette rimanevano incredibilmente incollate alla superficie legnosa della pista sfidando la legge di gravità. E dietro di loro, i veri pazzi: i ciclisti. Gente con del pelo sullo stomaco che non avrebbe sfigurato nei film di John Wayne. Personaggi che raggiungevano i 100 all’ora in bici, inseguendo una moto, distanziata da loro solo con un rullo. Chi ha visto anche solo una volta delle gare come queste non le dimenticherà mai. Figlie moderne e con gli occhi a mandorla dello “stayer” sono le gare Keirin, molto seguite in Giappone, a causa delle scommesse. Ma il fascino Stayer, lasciatecelo dire, era di un altro livello. Infinitamente superiore.

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