La Woodstock del motociclismo, quando a regnare erano lealtà, altruismo e amicizia

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Uno sport fatto di lealtà, altruismo e amicizia, il motociclismo, quello duro e puro, quello vero

La prima volta che siamo stati al TT Race era il 1992. 4 amici che partono dall’Italia alla ricerca del “Regno del Motociclismo”, a bordo delle loro amate creature meccaniche. Ne aveva parlato qualche amico “manico” a cui credere, seduto in un bar, in una pausa di una di quelle domeniche passate su due ruote: “…ragazzi, quelli del TT sono eroi…” Era bastata quella frase per scatenare nei 4 amici il desiderio di andare al TT: Tourist Trophy. Isola di Man. La prima cosa era stata capire dove fosse quest’Isola di Man. La seconda come raggiungerla. Moto e traghetto. Più facile di così. Ed eccoli, i 4 moschettieri, in rotta verso la “gara delle gare”. Un viaggio che rimane per sempre: nella pelle delle tute e sulla pelle di chi le indossa. Siamo sbarcati sull’Isola accolti da un clima ostico: pioggia, buio, vento. È stata la sola cosa brutta di quella settimana. Il resto è stato gioia. Il resto è stato un susseguirsi di “regole non scritte”, quelle regole non scritte che stanno dietro a quei segnali di saluto che, con le dita di una mano o con una gamba, i motociclisti si scambiano quando si incrociano, sulle strade di tutto il mondo. Regole non scritte che, una volta imparate, diventano in pratica lo “spirito del motociclista”. Duro, puro. Una settimana di gare. Moto e sidecar. A velocità inconcepibili. A sfiorare col casco muretti a secco. A toccare col ginocchio il rilievo dei tombini. Ad accarezzare con gli stivali i cordoli dei marciapiedi. Tutto questo per 60 chilometri di circuito stradale. E poi la pioggia in un punto e il sole nell’altro. La luce improvvisa. Le ombre fastidiose. E i sorpassi. E le curve. E il rumore. E la difficoltà nel riconoscere i piloti sfreccianti. E radio corsa. Basterebbe già così. Anche se la cosa più bella era poter passeggiare “fra i box”, a contatto dei piloti, e vedere come i meccanici delle varie “scuderie” si aiutassero gli uni con gli altri a diagnosticare e risolvere problemi. Il tutto, praticamente, si svolgeva su di un prato, suddiviso in “spazi virtuali” solo da un colorato nastro volante. Un prato di motociclisti e meccanici in cui regnavano parole d’ordine come: . Una Woodstock dei Motori. E dopo il prato, a moto “settate”, ecco la gara. E i tifosi. E i pub. E le birre. E le foto. E gli abbracci. E l’entusiasmo. E la fratellanza. Essere un Motociclista. Lo Spirito del Motociclista. Tutto, nei 4 amici che assistettero per la prima volta al TT Race nel 1992, si è forgiato definitivamente nei loro cuori, nelle loro attitudini e nelle loro abitudini, in quella settimana. Una settimana trascorsa fra veri eroi. Chi vinse quell’anno? Nella memoria dei 4 amici motociclisti vinse uno che perse: Carl Fogarty. Perché in fondo, alla fine, è proprio questo “lo spirito” che serve in moto.

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