Dalla leucemia alle follie per il Bologna, Mihajlovic schietto: “in panchina più morto che vivo”

Sinisa Mihajlovic ha parlato della sua esperienza al Bologna e si è soffermato sul periodo della leucemia, svelando alcuni sorprendenti retroscena

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Per qualche giorno è stato al centro del mercato, numerose voci lo avrebbero voluto lontano da Bologna ma, alla fine, Sinisa Mihajlovic ha scelto di restare.

Foto di Giorgio Benvenuti / Ansa

Una decisione presa con cognizione di causa e con il cuore in mano, considerando i tre anni trascorsi sulla panchina rossoblù. Interessamenti di altri club ce ne sono stati, ma l’allenatore serbo ha voluto chiarire come sono andate le cose: “non ho preso alcun tempo e non ho trattato con altri club. Come ha spiegato anche l’ad Fenucci, a fine campionato la società mi ha proposto di vederci il 1 giugno per parlare della prossima stagione, lasciando a tutti una settimana libera per scaricare tensioni e tossine accumulate durante la stagione. Per me ci saremmo potuti vedere anche prima: la mia permanenza o meno a Bologna non dipendeva da altri club“.

Niente ipocrisie

Foto di Alessandro Di Marco / Ansa

In caso di chiamate importanti non avrebbe rifiutato, ma Bologna è sempre stata la priorità di Mihajlovic: “non sono ipocrita, avrei ascoltato e pure accettato le offerte di qualche big. Come è normale che sia e se qualche allenatore al posto mio dice il contrario vi prende per il culo. Ma non ho mai preso tempo per aspettare proposte. Il Bologna, per tutto quello che rappresenta per me, non sarà mai nella mia testa un piano B. Come non lo è stata nessuna società in cui ho lavorato. Se non sto più bene in un posto, non sento le giuste motivazioni o non percepisco ambizioni simili alle mie, me ne vado e sto a casa. Senza bisogno di avere un altro club“.

La leucemia

ANSA/SIMONE ARVEDA

Impossibile non soffermarsi sulla brutta malattia che ha dovuto affrontare: “sono grato al Bologna, alla città, alle strutture sanitarie, ai cittadini e ai tifosi per l’affetto e il sostegno che mi hanno sempre dimostrato. Ma che io ho ricambiato: il primo anno offrendo tutta la mia professionalità e salvando il club con un piede in B, il secondo facendo molto di più a livello umano. La società non mi ha mai messo in discussione quando mi sono ammalato ed è stato fantastico: ma quanti altri al posto mio avrebbero guidato la squadra da un letto di ospedale tra un ciclo di chemio e un altro? Sono andato in panchina più morto che vivo le parole di Mihajlovic alla Gazzetta dello Sport. “Avevo difese immunitarie bassissime, con mascherina e distanziato da tutti mi presentavo allo stadio e poi tornavo in ospedale a curarmi. Ho fatto cose quasi folli per il Bologna. Ma non mi piace doverlo ricordare. Quello tra me e il Bologna è stato e spero continui ad essere un rapporto d’amore. E chi si ama non rinfaccia il proprio amore, non lo sta a misurare. Ho avuto tanto, ma ho dato tutto“.

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