Il calcio femminile tra professionismo e tutele, Alessandro Pennestri: “basta impedimenti per le donne! Club? Lo Stato sostenga il movimento”

Alessandro Pennestri ed il passaggio del calcio femminile dal dilettantismo al professionismo: cosa cambierà per le atlete e le società? L'intervista all'intermediario sportivo di LTA-Agency, per un quadro completo sulla questione

SportFair

Il calcio femminile ormai da qualche anno ha raggiunto un’importante popolarità, che sta piano piano crescendo sempre più. Le ragazzine che sognano di diventare calciatrici hanno davanti a sè una strada più spianata rispetto alle atlete che si trovano adesso in campo, ma ciò non vuol dire che per loro sarà tutto facile, bisognerà comunque lavorare sodo, impegnarsi e fare sacrifici.

Ancora c’è molto lavoro da fare, ma piano piano sono tanti i passi che si stanno facendo nel mondo del calcio femminile, come ad esempio l’imminete passaggio al professionismo.

Foto di Maurizio Degli’Innocenti/ Ansa

Un importante cambio, soprattutto per le atlete che fin quando non si passerà effettivamente dal dilettantismo al professionismo, sono legate alle società non da un contratto di lavoro ma da un semplice accordo economico e vengono quindi retribuite o con rimborso spese e indennità di trasferta o con un accordo economico pluriennale per un massimo di tre anni, che consente di aggiungere alla cifra annuale pattuita, la corresponsione di un ulteriore bonus. Le calciatrici, dunque, al momento non ricevono tutte quelle tutele che spettano ad una lavoratrice vera e propria ma col passaggio al professionismo tutto cambierà. Cambierà molto anche per le società, che, soprattutto all’inizio di questa ‘trasformazione’ avranno bisogno di un supporto importante.

In vista di questo imminente cambiamento e dopo le recenti vicende legate allo sport femminile e alla maternità, abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con Alessandro Pennestri, responsabile Agenzia Italia e Svizzera ed itermediario sportivo di LTA-Agency, agenzia di management che rappresenta tra le migliori calciatrici e organizza i trasferimenti con i più grandi club d’Europa e nel resto del mondo.

Dal passaggio al professionismo previsto per la stagione 2022-23, al caso Pignagnoli ed il diritto delle atlete di diventare madri quando lo desiderano senza dover rimandare troppo, Alessandro Pennestri ha fatto il punto della situazione ai microfoni di SportFair.

Presto assisteremo al passaggio al professionismo nel calcio femminile. Cosa e come cambierà il calcio femminile?

“Fa un pò strano che ormai siamo all’alba di questo epocale cambiamento per il sistema calcio femminile nel nostro Paese, per me che sono qui da tanti anni e che ne posso apprezzare forse a pieno i grandi mutamenti e la velocità con la quale si stanno succedendo. L’esperienza in altri Paesi Europei, mi insegna però che bisogna farlo sempre con molta lungimiranza e consapevolezza di in ogni sua componente, altrimenti si rischia “grosso”. Io credo che le persone preposte a tale cambiamento, dalla federazione ai club d’élite, ne stiano tenendo conto e che quindi vedremo un forte cambiamento nei prossimi anni, sia per le praticanti che per i Clubs. Avremo certamente una fase di transizione, più o meno rapida dipenderà anche da fattori esterni al movimento, ma tutto competerà a che si possa fare lo scatto decisivo per il calcio femminile in Italia”.

In Italia, a livello femminile, ancora nessuno sport è professionistico, quanto è importante la mossa del calcio femminile, riuscirà a smuovere qualcosa anche negli altri sport?

“Il calcio femminile, anche a seguito delle scelte degli ultimi anni della federazione, con l’ingresso “forzato” dei club maschili, sta già mostrando grandi cambiamenti in ambito organizzativo e di visibilità. In questo il calcio femminile può essere visto come un precursore per gli altri sport al femminile. Ma la verità concreta è che ci vorrebbe una “svolta culturale” nel Paese, siamo passati dal movimento femminista al “Me too”, passando per una lunga stagione di lotte antidiscriminatorie per il genere femminile, ed in generale “gender free”, ma questo non ha portato un vero e completo cambiamento”.

A partire dalla stagione 2022-23 tutti i club di massima serie saranno professionisti, se per le atlete arriveranno solo benefici, le società dovranno vedersela con un importante aumento dei costi. Come riusciranno ad affrontare questo cambiamento, avranno bisogno di un aiuto e riusciranno tutte a permettersi questo passaggio?

“E’ chiaro che, soprattutto nella sua fase iniziale, il Governo che tanto ha difeso questa riforma, dovrà sostenere con atti concreti e iniziative efficaci affinché non si favoriscano i pochi, ma che aiuti l’intero movimento. Le risorse, oltre che arrivare dall’alto, dovranno essere anche generate dallo stesso calcio femminile, sfruttando la visibilità di “riflesso” che i grandi nomi del maschile stanno dando, coinvolgendo anche in questa crescita anche quelle società storiche e di puro settore, che per anni si sono sobbarcate i costi e le difficoltà di un movimento, e che oggi tutti possono godere della loro caparbietà del passato”.

Nell’ultimo periodo si è tanto parlato del caso Lara Lugli ed è emersa la bella storia di Alice Pignagnoli, che nel momento delicato e speciale della gravidanza è stata sostenuta dal suo team. Dal 2017 le atlete possono accedere al Fondo Unico che prevede un aiuto di 1000 euro al mese per 10 mesi, ma nonostante ciò sono tante ancora le sportive che hanno paura e che rimandano il sogno di diventare madri. Cosa si può fare ancora?

alice pignagnoli“Credo che in questo le tutele e le garanzie che vengono dal professionismo possono essere determinanti. Io credo che la pratica sportiva, e la storia recente ci ha mostrato molteplici casi in tal senso, non può e non deve essere un impedimento per le donne di sentirsi e vedersi Madri”.

Non è solo una problematica legata al calcio e allo sport, Alice ci ha raccontato che dopo sposata in tanti erano stupiti che avrebbe continuato a giocare a calcio, perchè in Italia c’è ancora l’idea che la donna deve restare in casa, sbrigare le faccende casalinghe e gestire da sola la famiglia. Come è possibile che nel 2021 ci sia ancora questa mentalità, quanti sacrifici e quante difficoltà deve fare e superare una calciatrice per arrivare in alto?

“Ripeto come ci sia davvero bisogno un cambio di paradigma. Lo sport in generale, e quello professionale in particolare, non può essere un impedimento per una donna, in nessuna delle sue attività. Lo sport ci ha mostrato molteplici casi di donne, che dopo una gravidanza sono tornate alla pratica sportiva, anche ad alti livelli, pensiamo già solo nel calcio femminile alla stella Alex Morgan che ora sta puntando alle prossime Olimpiadi dopo la sua gravidanza, quindi credo che dovremmo prenderne atto, e operare di conseguenza negli ordinamenti sportivi e giuridico lavorativi”.

Con l’avvento del professionismo il calciomercato potrà rappresentare una fonte di guadagno, se le società saranno in grado di sfruttarla a dovere, cosa succederà?

Foto di Manuel De Almeida/ Epa/ Ansa

“Io credo che prima del professionismo, c’è stata e ci dev’essere una crescita tecnica del campionato di massima serie. L’interesse che si genera attorno al campionato di Elitè in Italia, vuoi per la visibilità mediatica o quella promozionale degli sponsor, è il primo passo importante affinché i Club diventino sempre più appetibili alle “stelle mondiali”. Poi il calciomercato è un retaggio del maschile che non ritengo molto vicino alla realtà femminile, anche in Europa non è del tutto realizzato; sarebbe interessante invece che si premino il lavoro e la competenza nell’addestramento e la crescita delle giovani, quindi vedrei molto di buon occhio un organico sviluppo premiale dei settori giovanili e la formazione delle atlete, riconoscendo i meriti di chi forma meglio le future generazioni di calciatrici”.

Come vedi il calcio femminile in Italia? Con le splendide prestazioni della Nazionale agli ultimi Mondiali sempre più ragazzine hanno iniziato ad avvicinarsi a questo sport, ma ancora sono tanti i pregiudizi, cosa si può fare?

Foto di Guillaume Horcajuelo/Epa/ Ansa

“Le selezioni nazionali le seguo da molti anni, e la crescita di oggi parte da lontano, forse dagli ottimi risultati internazionali di quella nazionale giovanile U17 vicecampione d’Europa e terza al Mondiale in Costarica, della quale ora la Bertolini apprezza con le tante convocate che inserisce nelle sue selezioni. Poi da sempre i risultati della Nazionale più di qualsiasi risultato di un Club, sono il volano per la crescita del numero delle praticanti, lo stiamo vivendo ora nel calcio femminile, ma penso anche a quanto successo nel Volley maschile e femminile in passato, a seguito dei grandi successi delle varie rappresentative nazionali. Su questo punto vorrei però, che anche le calciatrici più importanti abbiano sempre massima consapevolezza dell’importanza di questo nuovo ruolo, e di cosa comporta verso le nuove generazioni, adottando atteggiamenti d’esempio”.

Come invece cambierà il tuo lavoro col passaggio del calcio femminile al professionismo?

“Noi già svolgiamo in Europa a pieno il ruolo di intermediazione sportiva, in quei campionati dove il professionismo è una realtà consolidata. Aspettiamo con ansia il cambiamento qui in Italia, anche per “pulire” il campo da tante “figure” che creano molta confusione su un ruolo che può essere determinante per la crescita di uno sportivo, ma anche, se non svolto nel giusto contesto, creare delle disillusioni e delle difficoltà che possono portare anche all’abbandono di molte/i praticanti, e questo davvero sarebbe controproducente”.

Condividi