Ciclismo, Nibali si racconta: “da piccolo ero un teppista, la bici mi ha salvato. Bettiol? A volte lo prenderei a bastonate…”

Il corridore siciliano ha raccontato come ha trascorso la quarantena e rivelato alcuni retroscena risalenti alla sua adolescenza

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La quarantena ha regalato un Vincenzo Nibali che in pochi conoscevano, dando luce a quel lato che il corridore siciliano ha tenuto sempre un po’ nascosto. Balletti esilaranti e risate interminabili sui propri social, che hanno divertito e non poco tutti i suoi followers.

nibali Proprio da qui è partito Nibali per analizzare il suo momento ai microfoni del Corriere dello Sport, raccontando qualche retroscena della sua adolescenza: “quando parte il momento ignorante mi esalto, quello sono io, mi piace ridere, scherzare, sfottere. Mi piacciono le auto, le moto, la pista. Sono un po’ pazzoide, un artista. Da ragazzino ero un teppista, nella bici ho trovato il mio sfogo, la bici mi ha responsabilizzato, mi ha fatto crescere. Ero terribile, ero quello che se le inventava tutte, scappavo da scuola, andavo sempre a cercare rogna. Le prendevo e le davo. Ho tanti amici nel ciclismo, quello che ho frequentato di più è Ulissi. Nell’ultimo periodo mi vedo molto con Bettiol, che è molto simile a me come orari, siamo tutti e due lenti. Lui è il talento che si deve esprimere, ha una testa che bisognerebbe prenderlo a bastonate. Ma va forte, anche in salita“.

nibaliSul proprio futuro, Nibali ha ammesso: “smetterò solo quando sarò stanco, in bici sparisce quasi tutto, hai la mente più pulita. Ero così anche quando ero un piccolo teppista iperattivo: la bici mi calmava, tornavo stanco morto. Correre è la mia quotidianità, quando mi stancherò di questo mi stancherò di tutto. Purito Rodriguez mi ha raccontato che a fine carriera gli pesava anche scendere a colazione”.

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