La missione di Michele Zasa: dalla clinica mobile della MotoGp al Coronavirus

Michele Zasa si sta dedicando alla lotta al Coronavirus in questo momento di pausa dalle attività che riguardano la MotoGp

SportFair

Michele Zasa è il responsabile della clinica mobile della MotoGp. In questo momento di pausa da ogni attività però, non è rimasto con le mani in mano ma è andato a ‘combattere’ in prima linea la guerra al Coronavirus. Zasa sta infatti lavorando al 118 di Parma, come raccontato ai microfoni di Skysport: “Sto lavorando con il 118 di Parma, è un’attività che svolgo anche durante l’anno, e a maggior ragione in questo momento in cui c’è molto bisogno di copertura da parte di medici specialisti in anestesia e rianimazione come me. Le giornate sono sempre molto simili, vedo cose molto brutte. Veniamo attivati da una centrale operativa e ci rechiamo a casa dei pazienti, che sono quasi tutti casi da infezione Covid-19: cerchiamo di sostenerne le funzioni vitali e di portarli vivi in ospedale“.

Tanti i medici morti in questi giorni, ma Zasa non sembra aver paura del virus: “Secondo me siamo stati molto più esposti al pericolo un mese, un mese e mezzo fa, perché allora non si sapeva granché, non si adottavano ancora tutte le misure di protezione che si stanno usando adesso. In quella fase molti miei colleghi si sono ammalati e anche io ho rischiato. Adesso, anche se i presidi sono un po’ scarsi, cerchiamo di tutelarci, ci sono procedure precise di vestizione. Conosciamo quantomeno il nemico e sappiamo che dobbiamo difenderci da questo nemico. La paura c’è, è inutile negarlo. Chi non ha paura è uno stolto, però è proprio quando c’è la paura che si fanno le cose migliori nella vita: bisogna trovare a forza di superarla e credo che noi medici in questo momento la stiamo trovando“.

Il dottor Zasa ha inoltre lanciato un allarme non da poco: “Sicuramente ci saranno delle conseguenze a livello psicologico, soprattutto per il personale sanitario, perché in questo momento stiamo facendo delle scelte importanti, molto difficili da fare in certe situazioni, e quando sarà tutto finito e calerà l’adrenalina dovremo porci di fronte alla nostra coscienza per quello che è successo, e qualcuno di noi avrà anche bisogno di supporto psicologico. E’ anche difficile per la popolazione stare chiusi in casa, quindi potrebbe verificarsi uno stress post-traumatico. Per gli atleti, i motociclisti, credo sarà minore questo trauma perché loro avranno la fortuna di poter tornare rapidamente a fare una attività che per loro è gioia, che produce adrenalina, e quindi questo permetterà loro, se non di dimenticare, di mettere da parte rapidamente questo periodo difficile“.

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