Ciclismo, Formolo racconta: “siamo in guerra, dopo 15 giorni di isolamento sono diventato irascibile”

Il corridore italiano ha parlato della sua esperienza all'UAE Tour, raccontando come gli sia crollato il mondo addosso dopo le prime positività

SportFair

La sera telefona alla suocera che lavora nel reparto di pneumologia dell’ospedale Borgo Trento di Verona, un momento complicato in cui i dolori affiorano e la tristezza per le vittime lo assale. Per questo motivo Davide Formolo ha deciso di aderire alle iniziative di Cipollini e Bugno, per dare il proprio sostegno all’Italia in questo difficile periodo.

Formolo
Doug Pensinger/Getty Images

Il veronese campione italiano ha raccontato la sua esperienza ai microfoni della Gazzetta dello Sport, rivelando come sta vivendo la sua quarantena: “mi sono trasformato in Mastro fornaio: mi piace fare cose nuove, pane, focaccia. Un po’ di scalini per muovere le gambe, un po’ di rulli, un’ora e mezzo, ginnastica. Anche se i rulli non ti danno tanta emozione. Siamo professionisti, non dobbiamo prendere peso. Ma quando vedi le bare che vengono portate con i camion militari, come fai a pensare di tornare a correre? Siamo in guerra, anche se senza armi“.

ciclismo
Michael Bradley/Getty Images

Formolo ha poi raccontato cosa è avvenuto durante l’UAE Tour: “la squadra è sempre stata chiarissima: priorità alla salute, non ci interessa che vinciate le corse, ma che, tornando a casa, non contagiate le vostre famiglie e rendiate la situazione peggiore. Quando abbiamo fatto il primo tampone, dopo la quinta tappa della corsa, eravamo tutti negativi. Poi al secondo tampone qualcuno non lo era più, e ci è caduto il mondo addosso. Inizi a vedere le persone con le mascherine, le ambulanze, l’ossigeno: sì, è venuta la ‘strizza’ a tutti. Perché lo sport non c’entrava più nulla, era qualcosa di molto più serio”.

Uci Ciclismo
Credits: federciclismo.it

Per fortuna, Formolo non è mai risultato positivo: “nemmeno una linea di febbre. Sono tornato a casa dopo il secondo tampone negativo a distanza di 24 ore. Ti crei mille castelli in aria, e poi crolla tutto. Siamo sempre stati seguiti molto bene, dagli organizzatori di Rcs alle autorità degli Emirati. Ci hanno trattato con i guanti. Sono stato in autoisolamento per 15 giorni in hotel, per fortuna c’era un bel terrazzino e facevo i rulli all’aria aperta. Ma a un certo punto ero diventato nervoso, letto, rulli, letto. Ho cominciato a non rispondere più nemmeno a chi mi scriveva. Guardi la tv, vedi Bergamo: noi siamo professionisti che facciamo il massimo, abbiamo una mentalità molto competitiva, ma ti venivano in testa quelle immagini, e capivi che le priorità erano altre: pensi ai medici, agli infermieri che non potevano permettersi di stare a casa“.

Condividi