Ciclismo – Samuele Manfredi, la forza di un guerriero! A 10 mesi dall’incidente lo spirito è quello di un combattente: “me la riprendo la mia vita!”

SportFair

Samuele Manfredi non ha intenzione di mollare: a 10 mesi dal terribile incidente in bici il giovane azzurro è motivato a tornare alla sua vita

Sono passati 10 mesi dal terribile incidente stradale in cui è rimasta coinvolta la giovanissima promessa del ciclismo Samuele Manfredi. Il 19enne è rimasto in coma farmacologico per oltre un mese per poi svegliarsi incapace di muoversi e parlare. Adesso Samuele vive all’ospedale di Ferrara, dove sta seguendo un percorso di riabilitazione.

Prima dei mondiali dello Yorkshire, Manfredi ha ricevuto la visita del ct De Candido, che gli ha regalato una maglietta della Nazionale: “posso metterla? Lo faccio subito. Un giorno la indosserò mentre sono di nuovo in bici. Non ho paura della riabilitazione, ci vorrà il tempo che ci vorrà, ma nessuno mi ferma“, ha affermato il giovane ciclista.

samuele manfredi
LaPresse/Fabio Ferrari

Manfredi non si arrende ed è voglioso di tornare presto in bici: “fino a qualche mese fa non avevo forza nella braccia. Ora fanno il loro lavoro. è stata una lenta risalita: devo dire grazie a tutti, medici e infermieri. Sono persino andato a fare kayak in un laghetto artificiale, qui vicino. Io davanti e il dottore istruttore dietro. Ne ho fatte di pagaiate… Mi resta l’ostacolo maggiore: le gambe. A volte la mia gamba si alza da sola, ma è un riflesso incondizionato. Non va bene. Devo muoverle io. Dopo l’intervento ci sono stati dei netti miglioramenti, faccio due sedute al giorno, circa 5-6 ore in totale, ma potrei arrivare a 10. I medici mi guardano stupito “Non sei stanco?”, dicono. No, chi ha fatto ciclismo conosce bene la fatica. E poi devo rientrare in gruppo, non posso aspettare“, ha raccontato.

Mi sono svegliato in ospedale e non capivo. Poi mi hanno spiegato, inutile piangersi addosso. Dico solo che accade troppo spesso. Troppo spesso in Italia un ciclista muore o rischia la vita. Chi pedala è il più fragile, va protetto come accade all’estero. E ci vuole più cultura sportiva, da noi manca. Ero bravo a basket, a calcio no. Ma la bici… Un amore unico. Per riaverlo sto sopportando tutto questo. Vede quella macchina? Lì ho iniziato a rifare i primi passi… Penso positivo, ora ho il permesso di dormire a casa di mia madre i fine settimana. E ci raggiunge papà, stiamo uniti: visitiamo città, musei, montagne. Devo recuperare peso, sono dimagrito troppo. Per fortuna c’è la cucina di mamma. Me la riprendo la mia vecchia vita. Tiberi (oro Mondiale nella crono jr, ndr) mi ha commosso con la sua dedica. Mi ha telefono è stato bellissimo, mi sono sentito parte del gruppo. Di solito andavo in fuga io, adesso mi tocca inseguire. Ma forse il destino non sa che ho vinto l’oro proprio in quella specialità…“, ha concluso il giovane guerriero.

Condividi