Team USA, cronaca di una sconfitta Mondiale: le individualità non bastano contro una Francia tosta e talentuosa

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Il Team USA fuori dai Mondiali di Basket 2019 ai quarti di finale: le individualità statunitensi non bastano contro una squadra tosta e talentuosa che punta alla medaglia d’oro

Il Team USA era la squadra favorita di questo Mondiale: dire il contrario, con il senno di poi, ha poco senso. Anche senza i vari LeBron, Leonard e Durant, anche senza le seconde linee, anche schierando praticamente le riserve delle riserve (e che riserve!). Una squadra che non perdeva da 58 partite in competizioni ufficiali, dai Mondiali 2006 contro la Grecia e non restava fuori dal podio dal 2002 (sconfitta ai quarti dalla Jugoslavia), bi-campione del mondo in carica, con Gregg Popovich e Steve Kerr in panchina, rispettivamente santone del basket NBA e discepolo illuminato sulla via di Golden State, non poteva che essere favorita.

AFP/LaPresse

La sconfitta della Serbia contro l’Argentina, unica squadra realmente messa sullo stesso piano di questi Stati Uniti alla vigilia del Mondiale, aveva quasi spianato la strada: vuoi vedere che nonostante le difficoltà, con un po’ di fortuna e grazie all’incompiutezza di Jokic e compagni, il camminoa verso il terzo oro consecutivo poteva rivelarsi più facile del previsto? Non proprio. Se l’Argentina ieri ha insegnato qualcosa, è che a basket vince la squadra più forte, non quella con le individualità migliori. Dunque Kris Middleton sarà anche uno dei migliori cecchini NBA; Kemba Walker il sostituto di Irving a Boston; Miles Turner il futuro nello spot di centro made in USA; Mitchell, Smart e Brown tre ragazzi dal grande talento: ma tutto ciò non si traduce nell’essere una squadra.

Popovich
Zuma Press

A coach Popovich non è riuscito il miracolo di mettere insieme tante individualità interessanti e trasformarle in una squadra coesa, da medaglia d’oro. Quando di fronte trovi invece la nemesi perfetta, una squadra che mixa talento ed esperienza, fisicità e qualità, ma soprattutto lotta unita su ogni pallone per prendersi lo scalpo di quello che, al netto delle assenze, resta sempre il blasonato team USA, non può che andare a finire come recita il 79-89 che sbatte fuori dai Mondiali la formazione a stelle e strisce.

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La Francia ha vinto giocando di squadra e andando oltre i propri limiti. Batum ci ha messo l’esperienza. De Colo 18 punti in faccia a quell’allenatore che lo portò agli Spurs dal 2012 al 2014, per un biennio nel quale il feeling non esplose mai nonostante i lampi di classe che in Europa divennero pennellate di talento. Sono 3 però gli uomini sui quali pesa maggiormente il peso di questo successo. Frank Ntilikina ha dimostrato che con la maglia dei ‘Bleu’ diventa il leone senza paura che vorrebbero i Knicks, in grado di segnare a 2.15 dal termine i 2 punti più importanti della sua carriera. Evan Fournier, l’opzione offensiva da 22 punti, con il 50% da 3 (4/8) in grado di punire gli stessi giocatori contro i quali spesso, con i Magic, non riesce ad essere ugualmente efficace.

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Ed infine Rudy Gobert, autentica forza della natura, sia in NBA che in FIBA. Il due volte DPOY dei Jazz ha dominato su entrambi i lati del campo: a suon di cattiveria e stoppate in difesa (l’ultima sul compagno di franchigia Mitchell), con 16 rimbalzi totali, 7 dei quali offensivi, utili per creare una seconda occasione ai compagni. Il tutto condito da 21 punti e una prepotenza in grado di sminuire il talento di Turner, Plumlee e Lopez, che hanno raccolto complessivamente 16 minuti prima di sedersi e sperare che il quintetto piccolo potesse essere una soluzione migliore, o meno dannosa.

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Dall’altra parte si salva solo Mitchell che per 31 minuti ha tenuto gli USA in partita con 29 punti, 4 assist e 6 rimbalzi. Ci si aspettava sicuramente di più da Kemba Walker, in grado di mettere insieme solo 10 punti arrivati da un orribile 0/4 da dietro l’arco, un 2/5 dal campo e 6 liberi segnati. Senza dubbio la selezione USA peggiore degli ultimi anni, si è arresa ad una Francia grintosa e talentuosa: i primi punteranno all’Oro Olimpico chiamando, forzatamente, i veri big; per i secondi c’è una semifinale contro l’Argentina che spalancherà le porte del sogno dorato.

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