L’idea del suicidio, gli antidepressivi e la vergogna agli occhi dei suoi figli: la tragica storia di Emmanuel Eboué

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L’ex giocatore dell’Arsenal ha rivelato retroscena shock degli ultimi suoi anni di vita, caratterizzati da situazioni davvero complicate da superare

Una carriera ricca di successi, seguita da un declino lento e inesorabile che ha inghiottito totalmente Emmanuel Eboué. Sette anni con la maglia dell’Arsenal addosso, una finale di Champions League sfiorata e tante vittorie, prima di trasferirsi per quattro stagioni al Galatasaray.

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Prestazioni solide e convincenti, che gli hanno permesso di tornare nel 2016 al Sunderland, dove è iniziato però il suo incubo. Dalla Fifa gli viene ‘recapitata’ una squalifica di un anno per non aver pagato il proprio ex procuratore Boisseau, manca un milione di euro che la Federazione ha fatto pagare carissimo ad Eboué. Dodici mesi senza calcio, allenandosi da solo per via del divieto imposto dalla massima autorità calcistica. L’idea del suicidio non è mancata nella mente dell’ivoriano, che ha deciso però di farsi forza per i propri figli. Quei figli a cui però l’ex Arsenal non è riuscito a non mentire, troppo forte la vergogna per non poter compiere il proprio lavoro: “quando ho visto i miei figli, mi hanno chiesto quando sarei tornato in campo, così quando uscivo la mattina fingevo di andare al lavoro. Stavo fuori e andavo a casa quando i miei figli erano già a letto, non volevo che mi chiedessero perché non mi vedevano giocare” le parole di Eboué a RMC Sport. Allenarsi di giorno però è diventato complicato per l’ivoriano, come sottolineato da lui stesso: “la FA mi ha sospeso da qualsiasi attività, non avevo il diritto di allenarmi con un club. Mi allenavo da solo e mi vergognavo. Andavo a correre al mattino, ma c’erano persone che si stavano allenando e venivano a fare qualche foto. Poi mi sono dovuto allenare di notte, non c’era luce, ma non potevo restare a casa. Spesso, mi chiudevo nella mia stanza per tre o quattro giorni. Prendo ancora antidepressivi”. Un epilogo drammatico, che Eboué non si sarebbe davvero meritato. Adesso però è tempo di rialzarsi, ne ha bisogno soprattutto la sua famiglia.

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