Ciclismo, David Lappartient innamorato del Giro e delle regole: ecco i nuovi regolamenti imposti dall’UCI

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Il Presidente dell’UCI,David Lappartient, detta le regole principali per il futuro del ciclismo internazionale e vede il Giro d’Italia come pietra miliare della bici

David LappartientLo scorso 21 settembre David Lappartient è diventato il nuovo presidente dell’UCI battendo Brian Cookson. Da quel giorno, il francese ha iniziato a cambiare le regole e introdurre nuovi regolamenti all’interno nel mondo delle due ruote. Il presidente UCI ha ridotto i roster delle squadre, i partecipanti nelle corse (da 8 a 7 ciclisti per squadra) e dato una maggiore attenzione alla lotta al doping tecnologico. David Lappartient è innamorato del Giro d’Italia, la grande corsa a tappe che il prossimo anno compierà 101 anni. Il presidente UCI ha raccontato le sue emozioni e un particolare evento che lo ha colpito molto, come riportato dalla Gazzetta dello Sport:

“lo guardo da quando ero piccolissimo. E’ una pietra miliare della bici, non c’è campione che non desideri di vincerlo. Realizzare la doppietta col Tour, poi, è la massima aspirazione. E l’hanno realizzata solo i grandissimi. Il Giro, come il Tour, ha costruito la leggenda del ciclismo che viene da lontano. Ha radici molto profonde. Il Giro ha aiutato il ciclismo a diventare uno degli sport principali. Ricordo bene l’ultima delle tre vittorie di Hinault, quella del 1985. E naturalmente l’edizione 1984, quella del sorpasso finale di Moser a Fignon. Anzi, ho un aneddoto curioso. Sono andato da Francesco in Trentino, mi ha mostrato tutte le sue bici. Una grande collezione. Ma gli ho detto ‘Te ne manca una, quella dell’ultima crono del Giro 1984’. ‘Vero, non ce l’ho più. L’ho data a mio fratello che a sua volta l’ha prestata e non è stata restituita’. Era sorpreso che me ne fossi accorto. L’ultima edizione è stata straordinaria, con 4 atleti in ballo per la rosa fino all’ultima tappa. Il Giro ha guadagnato in attrattività, diffusione mondiale, qualità della produzione”.

David Lappartient ha analizzato nel dettaglio lo stato di salute del ciclismo nel mondo:

“la bici non è mai stata così popolare. Anche in Cina, in Africa, in Sudamerica. Nessun altro sport ha fatto tanti sforzi contro il doping: eravamo in un tunnel, a un passo dal baratro, ma ne siamo usciti. L’audience televisiva è al top. Nella metropolitana di Parigi c’erano enormi cartelloni rosa con la pubblicità del Giro e non era mai successo. Nonostante questo. L’economia resta un po’ debole e dobbiamo lavorare per garantire buona salute agli organizzatori, visibilità alle squadre, stabilità. Non ci sono tanti organizzatori che guadagnano. Aso e Rcs hanno margini positivi, ma non su tutte le gare. Il budget degli organizzatori e di tutte le squadre arriva a 600 milioni. Non è molto, il solo trasferimento di Neymar al Psg valeva 222 milioni… C’è potenziale di crescita. Ho incontrato il governo cinese, vogliono che il ciclismo diventi il secondo sport dopo il calcio”.

David Lappartient ha come obiettivo principale la lotta al doping nel ciclismo. Questa è una battaglia molto difficile, soprattutto in un ambiente come quello amatoriale. Il presidente UCI ha spiegato quali saranno le direttive da eseguire:

“vogliamo che la frode dei motorini elettrici non sia più un tema di discussione. E’ stata aperta di recente anche un’indagine in Francia. Prima non c’era molta fiducia nella strategia dell’Uci e questo generava sospetti. Con controlli più stretti e efficaci, si proteggono gli atleti e la loro immagine. Annunceremo la nuova strategia il 30 gennaio. Lavoriamo con il contributo di Peraud (2° al Tour 2014, ndr) e Bob Stapleton (ex manager della Htc, ndr). Posso dire che il budget è aumentato, che utilizzeremo un mix di deterrenti: tablet, raggi x, telecamere termiche, smonteremo le bici. Cresceranno pure le persone impiegate. E aiuteremo le federazioni nazionali a combattere a loro volta il fenomeno”.

Altro punto fondamentale della gestione del presidente UCI sarà la riduzione dei costi delle squadre nelle corse WorldTour e Professional. Il divario tra i team è molto amplio e molte società non riescono a rafforzarsi per competere nella categoria principale. David Lappartient ha chiarito questo importante punto:

“non sono per un tetto allo stipendio del singolo corridore: se c’è chi è disposto a pagare moltissimo un atleta, perché impedirglielo? Al contrario, il tetto al budget complessivo dei team potrebbe essere utile. Non perché io abbia una visione comunista dello sport, ma per equilibrare le forze e distribuire i leader su più squadre. La media di un team World Tour è 18 milioni di euro a stagione, si va da 12 a 34”.

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