Dopo i disastri e il fallimento del progetto azzurro targato Ventura, adesso l’Italia ha una sola strada per centrare il Mondiale in Russia senza patemi: diventare Insigne-dipendente

Il fine giustifica i mezzi e in questo caso l’obiettivo è uno solo: superare la Svezia nel doppio confronto in programma il 10 e il 13 novembre e accedere al prossimo Mondiale di Russia 2018. Senza ma e senza se, nessuna alternativa disponibile. Finire al secondo posto nel girone alle spalle della Spagna non è di certo un dramma, farlo nel mondo in cui lo ha fatto l’Italia invece lo è: la gestione Ventura ha fallito, sia da un punto di vista tattico (l’idea del 4-2-4 ancora oggi mette i brividi) che da quello della gestione del gruppo. Uno spogliatoio che lo ha delegittimato dopo il triste pareggio contro la Macedonia: Buffon e lo zoccolo duro azzurro a riunire la squadra nell’hotel per dare un chiaro messaggio ai giovani, con Ventura e lo staff tecnico assenti. Un confronto autorizzato dal ct, o almeno così tutti si sono affrettati a dichiarare, ma che cambia di poco la sostanza: Ventura ha perso il controllo del gruppo. E il mancato abbraccio al ct azzurro durante l’esultanza dopo il gol di Candreva all’Albania è stato un segnale chiaro arrivato un eurovisione
Dipendenza da Insigne: Ventura torni provinciale

Adesso, però, non c’è tempo per fazioni e guerre intestine: l’Italia deve assolutamente andare al Mondiale e per farlo deve superare la Svezia nel doppio spareggio playoff. Ma come presentarsi in campo? Appurato dell’ormai fallimento del 4-2-4, modulo che ha scontentato tutti, senatori in primis, l’Italia ha una sola strada da percorrere per andare dritti in Russia: affidarsi all’unico fuoriclasse (insieme a Buffon) presente in rosa, Lorenzo Insigne. Genio, talento e anche sacrificio tattico: questa Italia, nelle due gare contro la Svezia, deve essere Insigne dipendente e deve esser disegnata intorno al lui, con un modulo tale da esaltarne le qualità. Ventura deve avere il coraggio di tornare ‘provinciale’ e mandare in campo un’Italia operaia. Poi, a Mondiale centrato, partirà la rivoluzione. Con un nuovo Ct in panchina e un progetto tattico degno della maglia azzurra.