Giuseppe Martinelli parla dell’impresa che Fabio Aru potrebbe strappare sulle strade francesi al Tour de France, ecco cosa ha detto il preparatore del ciclista sardo
Giuseppe Martinelli è il preparatore di Fabio Aru. Il ciclista italiano è la bandiera tricolore che in questo momento ‘sventola’ al Tour de France. Dopo aver portato alla vittoria della Grande Boucle personaggi come Marco Pantani nel 1998 e Vincenzo Nibali nel 2014 è l’ora anche del Cavaliere dei 4 Mori? Potrebbe. La classifica alla settima tappa sorride al ciclista del team Astana, che con un Froome in giallo si trova terzo con un ritardo irrisorio.
Martinelli parla dell’impresa che Fabio Aru potrebbe strappare in Francia ed descrive il modo in cui è stata presa la decisione di far partecipare il corridore alla competizione francese e non a quella italiana. “Nel momento in cui si è deciso, – dice Giuseppe a Gazzetta dello Sport – tempestivamente, di saltare il Giro a causa dell’infortunio al ginocchio e di puntare sul Tour. Una scelta della squadra e non mia, lo ammetto. Anzi, io avrei aspettato un po’, avrei perseverato nel tentare di esserci comunque al Giro. Invece è stato giusto così”.
“Sì, nella terza settimana ci faremo trovare pronti. – ha ammesso Martinelli parlando della condizione di Fabio Aru all’appropinquarsi delle tappe più dure – In quei venti giorni di stop ha svolto dei lavori che non aveva mai fatto. Cinque ore al giorno di stretching, di esercizi, di tante cose che hanno rafforzato il suo fisico. È come se avesse una nuova riserva di energia nascosta, pronta a essere spesa. Nella seconda settimana bisognerà gestirsi bene. L’ultimo appuntamento con la crono di Marsiglia non penso che sarà decisivo per la maglia gialla, ma per le altre posizioni del podio”.
Il preparatore dell’Astana parla anche dello scatto del Cavaliere dei Quattro mori sulla salita de La Planche des Belles Filles, ecco perchè gli è piaciuto tanto: “l’ha fatto quando gli altri erano a tutta, e nel punto più duro. Anzi, ho avuto l’impressione che Froome proprio in quel momento avesse detto ai compagni di non accelerare ulteriormente. Era uno scatto fatto per vincere, non per voltarsi e guardare a che punto fossero gli altri. Si è visto subito”.
Ed i rivali più temuti chi sono: “Romain Bardet. E intanto firmerei se dopo la tappa di domani (oggi, ndr), Fabio si trovasse secondo in classifica dietro a Froome, magari avendo guadagnato qualcosina sugli altri. Siamo pronti, ma bisognerà affrontarla anche con la testa, sbilanciandosi e attaccando il giusto”.
“Molte volte, – svela poi parlando delle debolezze di Froome – se ne ha, vengono assorbite da Sky. Nel 2016, secondo me, era meno forte rispetto all’anno prima. Eppure ha inventato due azioni in discesa e in pianura quasi senza fare fatica. Io comunque spero che sia forte e che la squadra corra tutta per lui, altrimenti ci ritroveremmo in un Tour anarchico, senza padroni”.
Questo Aru è il più forte di sempre? Domanda il giornalista a Martinelli. La sua risposta è sicura: “ne avevo già parlato prima del Tour, ero andato a ruota libera e forse mi ero sbilanciato troppo. Ma lo conosco come pochi, l’ho portato qui, corre con questa maglia da cinque anni ormai. Confermo che ho proprio questa sensazione”. “Io sì. – svela Martinelli sul secondo posto a fine Tour de France di Aru – O, almeno, è ciò che dico a voi”. Mentre Fabio: “no, non si accontenterebbe. Fabio ha già provato tutte le sensazioni. Ha vinto la Vuelta, è arrivato secondo e terzo al Giro. Sa bene quale sia l’enorme differenza che passa tra il successo e il resto. Il trionfo ti fa entrare in una elite molto ristretta. Con il secondo posto, arrivi dove sono giunti in tanti che però non hanno vinto. No, non si accontenterà”.