Giro d’Italia, la rivelazione di Bennati: “ecco cosa ci disse Quintana prima del Blockhaus”

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Daniele Benanti, ciclista della Movistar, racconta Nairo Quintana, capitano e compagno di squadra dell’italiano e svelando un aneddoto sul Blockhaus

In questa edizione del Giro d’Italia, Daniele Bennati porta con se un bagaglio d’esperienza molto importante. La ‘Pantera’ è uno dei gregari di lusso della Movistar, ma in passato ha condotto corridori che poi hanno vinto Giri d’Italia o Tour de France come Basso, Nibali, Contador e corso con corridori di spicco come Cipollini, Cancellara e Sagan.

In questa edizione del Giro d’Italia, Daniele Bennati ha sempre scortato Nairo Quintana. Il compito dell’italiano è quello di difendere il capitano dagli attacchi di Nibali, avversario numero uno del colombiano per la maglia rosa. Nella tappa di ieri, Bennati candidamente ammette: “siamo andati a tutta dall’inizio per vedere se in salita c’era il terreno per attaccare. Nel caso ci fosse stato, Nairo avrebbe attaccato e due davanti si sarebbero fermati per aspettarlo – ha dichiarato Bennati come riportato da La Gazzetta dello Sport -. Invece il Fumaiolo non è stato così duro da fare la differenza. Anche se in cima avesse avuto 30 secondi di vantaggio, dove sarebbe andato? La discesa era tutta da pedalare, al traguardo era impossibile arrivare”.

Nairo Quintana non ha disputato una buona cronometro. Il corridore della Movisatr è stato staccato pesantemente da Dumoulin e adesso deve recuperare nell’ultima settimana per riprendersi la maglia rosa. Bennati ha analizzato la crono Foligno-Montefalco di Quintana: “no, niente. Il tempo e il terreno per recuperare ci sono tutti. Dobbiamo partire da Monza con almeno un minuto di vantaggio su Dumoulin – ha continuato- . Mi ha sorpreso sul Blockhaus. Nairo quel giorno è andato forte, l’olandese in rapporto molto di più. È andato oltre quello che ci aspettavamo”.

Daniele Bennati parla del carattere di Quintana sia in corsa che fuori: “esigente come tutti i grandi campioni. Alla partenza del Blockhaus, per esempio, alla riunione sul bus ha preso la parola e ci ha detto chiaro e tondo la sua idea: niente fughe, voglio vincere io. Così è stato. Chiede e spesso. Il mio compito, come quello di Sutherland è di proteggerlo dal vento e dai pericoli, possibilmente fino all’ultima salita – ha concluso -. A nostra ruota sta bene. Però anche in corsa parla, non è muto. Poi a cena ci si confronta sulla tappa e al mattino sul bus, con Arrieta che gestisce la situazione, su come correre”.

 

 

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