I ct della Nazionale italiana di scherma paralimpica a confronto in una bella intervista doppia
Entrambi pisani doc, la scherma nel DNA: dopo una brillante carriera da atleti, il passaggio dalla pedana al ruolo di c.t. della Nazionale italiana di scherma paralimpica.
La tappa pisana della Coppa del Mondo, le Paralimpiadi di Rio, Bebe Vio e le altre promesse della scherma azzurra, ricordi sportivi, considerazioni sul ruolo di allenatore: Francesco Martinelli e Simone Vanni si raccontano in un’intervista “doppia” alla redazione di news.superscommesse.it.
La Coppa del Mondo è terminata da poco ed è tempo di bilanci: è soddisfatto per quanto riguarda l’aspetto sportivo e organizzativo?
LaPresse/Riccardo Repet
Martinelli: “Spesso il problema di queste gare sono proprio gli orari e i trasporti, ma direi che dal punto di vista organizzativo tutto è filato liscio, non è mancato nulla e l’evento è riuscito in pieno. Giocando in casa ci siamo mossi anche un po’ in maniera indipendente, ma comunque non c’è stato alcun tipo di problema. Dal punto di vista sportivo direi che siamo andati bene. La gara arrivava al termine di due anni di qualifica paralimpica e dopo le Paralimpiadi di Rio, le federazioni avevano investito molte risorse e il periodo non era proprio felicissimo; logicamente c’è stata una partecipazione inferiore rispetto all’exploit scorso anno, ma la gara è stata comunque competitiva, c’erano squadre preparate e di alto livello e i nostri si sono comportati bene. A livello di prestazioni e di risultati sono davvero contento e soddisfatto. C’erano anche gli atleti russi, i più forti dopo la Cina: sono arrivati con il coltello fra i denti, la squalifica poco prima delle Paralimpiadi di Rio li ha rinforzati”. Vanni: “Per quanto riguarda l’aspetto sportivo sono decisamente soddisfatto, tutti i ragazzi hanno migliorato le loro prestazioni, in molti hanno lottato per un posto sul podio, decisamente un ottimo momento. Sono molto soddisfatto anche dal punto di vista organizzativo, abbiamo ricevuto i complimenti da parte dei commissari che esaminavano la gara e, soprattutto, ci hanno chiesto di anticipare la prossima gara da novembre a marzo come periodo di svolgimento, perché un evento del genere deve essere al centro del calendario paralimpico. I trasporti sono un aspetto delicato in genere, invece è andata benissimo”.
L’atleta rivelazione della competizione?
Martinelli: “Gli atleti che sono arrivati in fondo sono quelli già quotati. A livello assoluto l’acuto è stato quello di Emanuele Lambertini (fresco campione iridato di categoria, eletto Atleta Mondiale del mese di ottobre dal Comitato Paralimpico Internazionale), il quale da un anno sta vivendo un fortissimo momento di crescita e qui a Pisa ha conquistato due medaglie. Ha talento, forza di volontà, carattere ed è giovanissimo (classe 1999), sta emergendo e ottenendo risultati e siamo molto contenti di lui”.
Vanni: “Non farei un nome, secondo me la squadra di fioretto maschile ha fatto l’exploit più grande: ha battuto la Russia e la Cina, due avversarie tostissime, poi in finale ha vinto la Polonia, ma quanto fatto nei gironi eliminatori è un qualcosa di incredibile”.
Altro urlo d’oro per Bebe Vio: la giovane schermitrice veneta ormai è diventata una star, sia in pedana che sui media…
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Martinelli: “Decisamente. Dal punto di vista sportivo Bebe è superlativa, ogni volta deve affrontare pressioni maggiori, tutti si aspettano sempre di più da lei. Giocando in casa aveva un tifo e una pressione ancora più forti, ma ha retto benissimo il colpo e ha dimostrato ancora una volta di essere forte non solo in pedana, ma anche mentalmente. Per quanto riguarda l’aspetto mediatico, già lo scorso anno dovevamo un pochino gestirla, ora i suoi impegni e appuntamenti sono aumentati. Ma Bebe è molto quadrata, matura, ha una famiglia che la sostiene e le sta vicino; diciamo che per il momento riesce a conciliare benissimo l’aspetto sportivo e quello mediatico”.
LaPresse/Riccardo Repet
Vanni: “Sì, ma Bebe riesce bene a dividere quella che è la sua vita sportiva dall’aspetto mediatico. Anche durante i giorni di ritiro prima della Coppa del Mondo ha avuto alcune “distrazioni” come un aperitivo a scopo benefico, la conferenza stampa, l’incursione delle Iene, ma è rimasta sempre concentrata durante gli allenamenti, si sa gestire. Per ora sta facendo molto bene e il fatto che lei sia al centro dei media fa anche piacere: se lo merita e contribuisce a dare visibilità e a far conoscere il movimento paralimpico”.
La stessa Bebe ha parlato di un positivo ringiovanimento in atto nel movimento paralimpico: quali sono gli atleti emergenti in rampa di lancio, le promesse azzurre?
Martinelli: ”In primis Bebe Vio e Emanuele Lambertini. Cito anche Andreea Mogos, atleta che ha già dimostrato il suo valore ed è in crescita, Edoardo Giordan, che qui a Pisa ha fatto molto bene nella sciabola, e Matteo Dei Rossi. Sono ragazzi che hanno un potenziale notevole, giovani sui quali bisogna puntare”. Vanni: “La scherma paralimpica per anni ha puntato, anche in maniera redditizia, su un gruppo di atleti che possono ancora dare tanto alla Nazionale, ma anagraficamente hanno oltrepassato i 30 anni. Con Francesco abbiamo cercato di inserire alcuni atleti per creare un mix con la vecchia guardia: abbiamo Bebe Vio, Emanuele Lambertini, Andreea Mogos, Matteo Dei Rossi, Edoardo Giordan. Si tratta di atleti su cui puntiamo, ma dovranno continuare a dimostrare il loro valore”.
Il Rettore dell’Università di Pisa, Paolo Mancarella, in conferenza stampa ha affermato che “la lezione di vita che danno questi atleti con le loro imprese e le loro gioie vale più di cento lezioni in aula”…
Martinelli: “Questa è una bella frase e, di fatto, è così. Questi ragazzi sono disabili e fanno sport: per come la vedo io un atleta è una persona che affronta i propri limiti e cerca di spostare in avanti l’asticella. Spesso noi rinunciamo ad arrivare al limite, magari ci spaventa. I limiti dell’atleta paralimpico sono più visibili e loro sono costretti ad affrontarti: l’atleta paralimpico con la A maiuscola accetta la sua condizione e ogni giorno sposta l’asticella un po’ più in là”. Vanni: “Frase molto bella, ma quello che si vede durante le gare non è nulla rispetto a quello che questi ragazzi fanno dietro le quinte, durante gli allenamenti e per sostenere gli allenamenti. Ricordiamoci che questi non sono atleti professionisti, è gente che lavora, ha famiglia e deve pensare di allenarsi come atleti professionisti”.
Prossimi impegni?
Martinelli: “Ora è una fase un po’ più calma. Dopo la Coppa del Mondo alcuni ragazzi che avevano partecipato anche alle Paralimpiadi a Rio hanno staccato un attimo, altri sono nel pieno della preparazione. La nuova stagione inizierà a febbraio con la prima prova in Ungheria, poi avremo cinque tappe che ci porteranno ai Mondiali”. Vanni: “Questo è un periodo un po’ più tranquillo, la tappa pisana ha chiuso la stagione, ripartiremo a febbraio in Ungheria”.
Quando e come è nata la passione per la scherma?
Martinelli: “La scherma è un qualcosa che c’è sempre stato in famiglia. Ha iniziato mio cugino, poi mia cugina e anche le mie sorelle: quando sono nato mi sono ritrovato nella palestra. Per me è stato naturale iniziare “a far ginnastica” come diceva il mio maestro Antonio Di Ciolo. Il punto di riferimento, la ragazza che mi ha messo per la prima volta in guardia è stata sua figlia Luciana. Pian piano ho iniziato col fioretto, poi la spada…è stato un susseguirsi di cose e la scherma è diventata sempre più parte della mia vita”. Vanni: “Ero un bambino, avevo 7 anni, mia sorella praticava scherma, io la seguivo un po’ dappertutto e poi ho iniziato anche io a praticare questo sport. Mia sorella poi ha seguito Fabrizio Mammini, cugino che ho in comune con Francesco. Con il passare degli anni ho continuato ad allenarmi e coltivare questa passione…”
Su quali aspetti si concentra maggiormente come allenatore?
Martinelli: “L’obiettivo è quello di migliorare i ragazzi, ma la scherma è uno sport complesso. Ci sono diversi aspetti da considerare, quello fisico, tecnico, mentale, relazionale; è tutto un insieme che bisogna portare avanti. Anche il rispetto dei ruoli, la determinazione e l’impegno sono importanti, è l’insieme che conta”. Vanni: “Cerchiamo di puntare sul rendere i ragazzi dei professionisti, fargli capire che sono atleti di alto livello e come tali si devono comportare, non solo in pedana o nel momento della gara, ma in generale, anche nella vita di tutti i giorni. Lavoriamo molto sulla mentalità, sugli atteggiamenti, oltre che sull’aspetto tecnico”.
Per ottenere buoni risultati conta di più la tecnica o il carattere, la motivazione?
Martinelli: “Secondo me non c’è una classifica di priorità, tutto concorre al raggiungimento di buoni risultati e al formare un campione. Ci sono alcuni atleti che in allenamento sono bravissimi, poi nelle gare faticano, oppure, caso opposto, atleti che sono tecnicamente inferiori, ma vanno avanti grazie al carattere. L’ideale sarebbe quello di migliorare e avere un buon livello in ogni aspetto; si tratta di relazionarsi con gli altri, ogni gara, ogni assalto è a sé”. Vanni: “Difficile rispondere a questa domanda, non c’è una formula, ogni atleta è diverso e ha le sue caratteristiche tecniche ed umane. Ogni persona ha bisogno di un mix delle varie componenti e uno dei ruoli dell’allenatore è proprio quello di cercare di trovare le dosi giuste da dare ad ogni atleta”.
Lei è passato dalle gare al ruolo di allenatore: quali sono le differenze? E’ meglio gareggiare o fare il ct?
Martinelli: “Sono due cose completamente diverse. Quando si è atleti si pensa in maniera molto più egocentrica, ci si incentra molto su di noi, su quello che si sente. Motivazione, forza di volontà, impegno negli allenamenti…è tutto un lavoro sul sé, ovviamente col supporto di allenatori e altri collaboratori. Da c.t. la prospettiva cambia, diventi strumento per i ragazzi, “utilizzato” da loro, devi metterti a disposizione, rapportarti con tutti gli atleti e capire le varie esigenze”. Vanni: “Le differenze sono enormi. Da atleta hai grandi pressioni e aspettative nei risultati, ma devi pensare solo a te stesso e il giorno clou è quello della gara. Da allenatore pensi a tutti, ogni giorno sorgono problemi e devi risolverli, devi gestire tutte le risorse che fanno parte della squadra, quindi non solo gli atleti, ma anche collaboratori, dottori, fisioterapisti, curare il rapporto con i colleghi. Si tratta sicuramente di un ruolo più faticoso e di maggiore responsabilità, dal momento che il tuo lavoro influisce sulla vita di tutti gli altri”.
Qual è stato il momento più emozionante della sua carriera sportiva?
Martinelli: “La mia carriera da atleta si è chiusa nel 2014 ed è stata un’esperienza bellissima; poi ho iniziato subito quella da allenatore, è stato tutto molto repentino, la mia avventura da c.t. è in divenire e la sto affrontando con nuovi stimoli. Ce ne sarebbero tanti, il momento delle vittorie è quello che magari ricordi con più piacere e ti appaga, ma anche le sconfitte e le delusioni mi hanno dato emozioni e insegnamenti. Ci sono state emozioni diverse e forti che inevitabilmente ti porti dietro e ti aiutano a crescere”. Vanni: “Troppo facile dire le Olimpiadi (ad Atene 2004 Vanni sfiorò il podio nella gara individuale e conquistò l’oro in quella a squadre, vittoria 45-42 sulla Cina; in squadra con lui Salvatore Sanzo e Andrea Cassarà) quindi la mia risposta è la prima medaglia importante ai campionati del mondo del 2002 (a Lisbona, oro individuale battendo in finale 15-6 il tedesco Wessels)”.
Se le dico “Paralimpiadi Rio 2016” cosa le viene in mente?
Martinelli: “Emozioni a 360°. Sono stati giorni molto impegnativi, faticosi, un’esperienza bellissima. Abbiamo vissuto esperienze e ci siamo trovati in situazioni impensabili: noi apparteniamo alla scherma, ma lì c’era tutto lo sport paralimpico…un’apoteosi, un’esperienza che è difficile da descrivere, bisogna viverla in prima persona. Ci sarebbero molti aneddoti da raccontare, un’atmosfera unica, festa continua, condivisione, è un qualcosa che va oltre lo sport. Sono state emozioni forti, sia per le medaglie conquistate che per quelle “mancate”. A Rio siamo arrivati veramente preparati bene, poi ci sono tanti fattori da considerare”. Vanni: “Se penso a Rio mi vengono in mente le medaglie che non abbiamo vinto. Siamo stati molto bravi nel portare a casa alcune medaglie, quelle non conquistate ci danno lo spunto per lavorare e migliorare alcuni aspetti in vista dei mondiali. L’esperienza a Rio è stata bellissima, la rifarei immediatamente, ma è stata anche un’enorme fatica: abbiamo dovuto gestire atleti che accarezzavano il sogno di una vita, c’è stata anche una buona dose di stress”.
Ha altri interessi o hobby oltre alla scherma?
Martinelli: “La mia passione sono le mie tre bambine, il tempo a disposizione è poco e vivo per la famiglia”. Vanni: “Gioco a tennis e anche a calcetto”.
Quali sono i valori che ritiene più importanti, non solo nello sport, ma anche nella vita?
Martinelli: “Al primo posto metto la famiglia. Poi direi che è importante vivere la vita ponendosi continuamente obiettivi e impegnarsi per raggiungerli”. Vanni: “Rispetto, famiglia, amicizia”.