La Vuelta di Spagna ha graziato ben 93 ciclisti giunti in netto ritardo al traguardo. Una decisione che va contro la regola del limite di tempo che da sempre ha caratterizzato il ciclismo

Si sa che nel ciclismo ci sono regole ferree e regole poco comprensibili. Ma una regola che da sempre è stata rispettata è il limite massimo di arrivo. Un limite che viene applicato anche in campi motoristici, ad esempio in Formula1 c’è il 107% per eliminare i piloti lenti. Ieri alla Vuelta di Spagna è accaduto un fatto normale, ovvero alcuni ciclisti sono arrivati al traguardo oltre il limite massimo e come da regola, sono stati esclusi. Poco importa che erano ben 93: ieri praticamente hanno passeggiato. Hanno tagliato il traguardo con un ritardo di 53 minuti e 54 secondi, quasi un’ora, rispetto al vincitore di tappa Brambilla. E considerando che era una mini-tappa di appena 118km, non è scorretto dire che hanno letteralmente passeggiato. Come se stessero facendo una scampagnata: Brambilla, che ha vinto la tappa di ieri, ha chiuso la corsa con una velocità media di 40.7km/h, mentre il gruppetto fuori tempo massimo è andato a 30.8km/h di media. Una follia.
Tra i ciclisti fuori tempo massimo, tra gli altri, tutto il team Sky tranne Froome, l’intero team della Direct Energie e sei dei sette ciclisti della Bora-Aron18. In tutto i ciclisti esclusi dovevano essere 93. Dovevano, perché clamorosamente sono stati riammessi tutti.
La giuria, infatti, ha annullato la regola del tempo massimo, perchè le ultime sei tappe si sarebbero corse con un gruppo di appena 73 ciclisti. La Giuria Spagnola, capitanata dal direttore Javier Guillen si è giustificata dicendo: “la loro esclusione avrebbe causato seri danni all’immagine del ciclismo e ai team, costretti a proseguire con numeri risicati“. Ma questo non ha senso: se vi è una regola, deve essere rispettata. È vero, presentarsi 73 ciclisti alla partenza dell’odierna tappa, sarebbe stato inconsueto, ma chi ha dimenticato la Tirreno-Adriatico nel lontano 1998 quando ben 125 corridori finirono fuori tempo massimo e il giorno successivo partirono solamente 51 ciclisti? In realtà il vero rispetto sarebbe stato rispettare la norma, nei confronti di quei corridori che anche ieri hanno faticato per rimanere dentro il tempo consentito.
Infatti molti corridori si sono indignati della decisione della giuria spagnola. Moreno Moser della Cannondale-Drapac non ci sta e tuona: “che dire di quelli che si sono dannati, da soli, per arrivare alla fine?“, il belga Jan Bakelants dell’AG2R non va per nulla leggero e dice: “farli ripartire sa di inganno“.
Altri ciclisti su Twitter sono stati solidali come il veterano Gilbert: “scelta giusta per l’abnorme difficoltà della Vuelta, i trasferimenti e il caldo”, l’olandese Koen De Kort “non sono mai andato fuori tempo massimo in vita mia, questo la dice lunga su quanto la Vuelta sia brutale”. Ma c’è sempre una prima volta, e se la corsa è dura, è giusto che ci sia più selezione e rimanga solo chi lo merita.
Dopo l’episodio del Tour de France sul Mont Ventoux, dove la giuria aveva clamorosamente annullato i distacchi per la caduta di Froome, è l’ennesima brutta figura per il ciclismo che viene gestito (bisogna dirlo, fuori dall’Italia) con sempre meno cuore. Sì, perchè l’Italia è uno dei pochi Paesi fuori dai circuiti filo-britannici che stanno comandando il ciclismo internazionale, e rimaniamo una delle patrie storiche più sane e genuine di questo sport (vedi l’organizzazione e la gestione del Giro, sempre più al top rispetto a queste porcherie francesi e spagnole).
Una cosa è certa: questa decisione presa dai giudici di gara della Vuelta di Spagna avrà delle grosse conseguenze, e soprattutto metterà un precedente pericoloso. Cosa succederà se i ciclisti di una qualsiasi tappa verranno esclusi dalla competizione dove stanno gareggiando? La credibilità sulle regole del ciclismo adesso, come verranno applicate?