United, che show Mourinho: “io competo solo con me stesso. Giggs? Hanno preferito me”

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Show di José Mourinho nel giorno della conferenza stampa da nuovo allenatore del Manchester United: ecco le sue parole

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Mourinho, show United – Il gran giorno è  arrivato. José Mourinho sbarca all’Old Trafford e mette subito le cose in chiaro: il Manchester United deve tornare a vincere. Lo Special One, dopo l’esonero al Chelsea, è più carico che mai e pur senza fare nomi ne ha per tutti. “Non sono nervoso – esordisce – la mia storia degli ultimi 10 anni è quella di un allenatore che ha dovuto convivere con le aspettative di grandi club. Arrivo qui nel momento giusto della mia carriera, ho grandi motivazioni, sono dove voglio essere, in questo club, in questo Paese, in Premier. Mi sento un pò frustrato nel non disputare la Champions – ammette – non nascondo che sto inseguendo il record di Sir Alex ma speriamo sia solo per una stagione. Questo club, però, è molto più importante del sottoscritto, lo United è un club da Champions e nel luglio 2017 dobbiamo assicurarci che stia ad aspettare la Champions, non l’Europa League“.

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Mourinho, show United – Quando gli chiedono degli obiettivi, lo Special One va dritto al punto. “Non sono mai stato troppo bravo a giocare con le parole, a nascondermi dietro le parole o le filosofie, non ci ho mai provato. Di contro sono molto più aggressivo nel mio approccio, con tutti i rischi che ne conseguono“. “Sarebbe facile, onesto e pragmatico dire che non ci siamo qualificati per la Champions e che bisogna tornare fra le prime 4 e fare bene in Europa League – continua, forse riferendosi al suo predecessore, Van Gaal – Ma voglio essere più aggressivo e dire che vogliamo vincere. E anticipando la vostra domanda, non si può  vincere senza giocare bene e per giocare bene intendo segnare più  degli avversari e rendere i tuoi tifosi orgogliosi perche’ hai vinto. Io voglio tutto, voglio vincere, giocare bene, dare spazio ai giovani, voglio i tifosi applaudirci mentre difendiamo un gol di vantaggio piuttosto che mentre cerchiamo di rimontare“, aggiunge Mourinho, che quando gli chiedono se abbia da dimostrare qualcosa dopo l’esonero a Londra non si morde la lingua.

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Mourinho, show United – Ci sono allenatori che non vincono un titolo da dieci anni, altri che non hanno vinto mai. L’ultima volta che ho vinto qualcosa è stato un anno fa. Per cui se io ho tanto da dimostrare, immaginate gli altri. La realtà è che non è mai stata una cosa importante per me, io gioco contro me stesso, non devo dimostrare qualcosa agli altri ma a me stesso, è  la mia natura. Non potrei mai fare questo lavoro senza vincere. Per i tifosi dello United vincere era la routine ma gli ultimi tre anni sono da dimenticare. E non voglio che i giocatori comincino a pensare che dobbiamo fare meglio, perché non è il quarto posto l’obiettivo”. “Ho 53 anni, non 63 o 73, sono un allenatore molto giovane e se non mi pongo come obiettivo il mettermi alla prova, l’affrontare le grandi sfide, allora sono nei guai“. Si parla anche di mercato. “Il terzo acquisto sarà ufficiale a breve – il riferimento a Mkhitarayn Abbiamo definito quattro priorità, quattro ruoli per dare un certo equilibrio alla squadra, un certo impulso in termini di qualità. Sono un allenatore a cui piacciono i giocatori specializzati in un ruolo, non quelli multifunzionali. Abbiamo definito 4 obiettivi, tre sono già dentro e finché non arriverà il quarto lavoreremo duro”. Nella prossima Premier la lotta per il titolo sarà affollata, dal Leicester campione in carica di Ranieri al Manchester City di Guardiola, passando per l’Arsenal di Wenger, il nuovo Chelsea di Conte, il Liverpool di Klopp o il Tottenham di Pochettino.

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Mourinho, show United – Con tutto il rispetto per gli altri club, compreso quello che è stato la mia casa per sette anni dove ho vissuto momenti incredibili – il riferimento al Chelsea – sono ora l’allenatore del più grande club del Regno Unito. Non devo guardare molto agli altri ma ho lo stesso rispetto per tutti“. E a chi dubita che Mourinho possa non dare largo ai giovani, lo Special One replica di aver promosso in prima squadra, nell’arco della sua carriera, 49 calciatori. “Gente che ha vinto la Champions e gioca ora in nazionalementre sull’addio di Giggs precisa: “non sono stato io a decidere, non è colpa mia. Lui voleva essere l’allenatore dello United ma la società ha scelto me. Ryan vuole allenare e ha preso una decisione coraggiosa, anche perché ha lasciato quella che e’ stata la sua casa per 29 anni. Se vuole tornare, non lo fermerò e se un giorno il club lo vorrà come allenatore, sarà la conseguenza dei risultati che avrà ottenuto“. E se Ferguson gli ha consigliato di “portare l’ombrello e la mia tipica bottiglia di vino perché ci saranno molte più occasioni per bene insieme“, dal punto di vista tattico, per quanto riguarda la posizione di Rooney, “il compito più difficile è mettere la palla in rete. E’ normale che un giocatore alla sua età cambi un po’ ma quello che non cambierà mai è la sua naturale fame di mettere la palla in rete. Magari non sarà un numero 9 ma con me non sarà mai un numero 6, che gioca a 50 metri dalla porta. Sarà un numero 9, 10 o 9.5 ma mai un 6 o un 8“. (ITALPRESS).

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