Olimpiadi 2020: l’ombra delle tangenti sulla candidatura del Giappone

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La candidatura del Giappone per le Olimpiadi 2020 finisce nella bufera: il Guardian accusa Papa Massat Diack di aver ricevuto tangenti da Tokyo

mazzettaSolo illazioni. Da Tokyo arriva una dura replica alle accuse che arrivano dal “Guardian” in merito a una tangente da quasi 1,3 milioni di euro versata in un conto che fa capo a Papa Massata Diack, figlio dell’ex presidente Iaaf Lamine, per ottenere l’organizzazione dei Giochi del 2020. “Sono convinto che la nostra candidatura è stata portata avanti in modo pulito“, il commento di Yoshihide Suga, segretario generale del gabinetto giapponese, e Yasuhiro Nakamori, portavoce del Comitato olimpico nipponico, aggiunge: “dal Cio non ci hanno chiesto nulla a riguardo“.

TangentiLa candidatura di Tokyo non è nuova a questi sospetti. Lo scorso marzo le autorità francesi che stanno indagando sulla famiglia Diack e sulla corruzione nel mondo dell’atletica avevano annunciato che l’inchiesta sarebbe stata allargata all’assegnazione delle Olimpiadi del 2016 e del 2020. Sotto la lente d’ingrandimento due movimenti fra il luglio e l’ottobre 2013, ovvero in un periodo vicinissimo alla votazione che ha premiato Tokyo, con un versamento attraverso una banca giapponese in un conto di Singapore riconducibile al figlio di Diack il cui padre, all’epoca, era membro Cio. A gennaio, invece, in un rapporto della commissione Wada era finita una conversazione fra Khalil Diack, altro figlio di Lamine, e una delegazione turca che rappresentava la candidatura di Istanbul a proposito di una sponsorizzazione da 4-5 milioni di dollari fatta dal Comitato promotore giapponese da destinare alla Diamond League o direttamente alla Iaaf. (ITALPRESS)

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