Il Matusa, gli applausi, l’emozione: il giocattolo non è rotto, grazie Frosinone!

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Il pubblico del Matusa che applaude il Frosinone retrocesso in Serie B è la faccia pulita di un calcio che non ci stancheremmo mai di raccontare

LaPresse/Giuseppe Melone
LaPresse/Giuseppe Melone

Il Matusa che batte le mani e intona cori ai suoi giocatori è una di quelle scene che non ci stancheremmo mai di guardare: una festa improvvisata al triplice fischio finale, capace di nascondere le lacrime di molti. Perché, quanto successo ieri a Frosinone, è un qualcosa (almeno in Italia) di unico e speriamo non irripetibile: i tifosi che ringraziano squadra, allenatore e dirigenza subito dopo la certezza aritmetica della retrocessione in Serie B è una scena da stropicciarsi gli occhi. Bella, bellissima. Che non può e non deve rimanere isolata. Cartolina di un calcio che vorremmo continuare a raccontare e che allontana l’etichetta sotto la quale si nasconde la generalizzazione di un tifo violento, ‘malato’, estremista ed estremizzato.

LaPresse/Giuseppe Melone
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Frosinone che applaude la squadra retrocessa è l’immagine di un calcio capace ancora di farci innamorare, di farci emozionare. Lontano dai veleni, sordo ai gridi di complotto, lontano dalle logiche di potere, dai bacini di utenza televisiva, che prende le distanze dal Lotito di turno (Carpi e Frosinone in Serie A erano una rovina, vero Presidente?) e riconcilia con la vera essenza di questo sport. Quanto visto ieri è un qualcosa che riempie i cuori e regala sorrisi: il giocattolo calcio non è rotto, funziona e anche molto bene. Il Matusa ieri ce lo ha ricordato. Grazie Frosinone, di cuore.

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