Il Foro Italico come stadio dei sogni, luogo mozzafiato lontano dal grigiore degli impianti moderni

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Gli stadi italiani sono pieni di problemi, strutture fatiscenti e tribune malmesse. Nulla a che vedere con il Foro Italico  capace ancora, dopo tanto tempo, di togliere il fiato

Nel mondo del calcio si fa un gran parlare, da sempre, del problema degli stadi. Il problema della violenza, le tifoserie separate, gli scontri, le tribune, le curve, le biglietterie, i bagni. Lo stadio come problema. Mai come opportunità. Si fa sempre un gran parlare del “problema degli stadi”. E se invece, per una volta, si provasse a parlare del “vantaggio dello stadio?” Se per una volta si parlasse in positivo dello “spazio stadio?” Siamo stati di recente a Roma, nel silenzio e nel verde dello Stadio dei Marmi, detto anche Foro Italico. Uno spazio dedicato allo sport, progettato dall’architetto Enrico Del Debbio e costruito negli anni 30, ancora oggi capace di “mozzare il fiato” per la sua bellezza senza tempo. Ci siamo chiesti: “ma se gli spettatori fossero ospiti di cotanta bellezza, di tale metafisica architettura, di così possente scultura, sarebbero ancora i tifosi che conosciamo oggi?” E per un attimo abbiamo pensato al miracolo di famiglie che entrano allo stadio con i padri che indicano ai figli la statua del lanciatore di giavellotto o quella del pugile, osservando con attenzione i muscoli scolpiti nel bianco e duro marmo. Per un attimo abbiamo pensato alla bellezza di entrare in uno stadio come questo, in cui sculture marmoree ricordano rinascimentali capolavori italiani riproducendo gesta sportive, e in cui le verdi meraviglie naturali circostanti abbracciano lo sguardo del tifoso pagante appena oltre l’orizzonte bianco carrara delle scalinate. Un miracolo. Per un attimo. Estatico. Poi la mente ci ha ricordato gli episodi dei tifosi olandesi a Roma, e la distruzione della Barcaccia del Bernini a forza di bottigliate “hooligane”. E il sogno è svanito. Lo stadio in sé non è un problema. Ma non può essere nemmeno la soluzione ai violenti spasmi che soffocano il calcio da tempo immemore.

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