La crisi di Nibali e Contador, vissuta da un ciclista amatoriale

SportFair

Una pedalata di prima mattina per capire la crisi che Vincenzo Nibali e Alberto Contador stanno vivendo al Tour de France 2015

Prendere la bicicletta, quasi a voler vendicare i distacchi dello Squalo al Tour, e uscire, per allenarsi, come tutte le mattine, sullo stesso percorso che si conosce da tempo, a memoria, e che il corpo sa come affrontare, da anni, riconoscendone i pericoli e le bellezze. Prendere la bicicletta e uscire, come ogni mattina, per una sgambatina, un paio d’ore, quando la città si deve ancora svegliare, e pedalare pensando a Nibali e al suo momento NO al Tour, al suo inaspettato comportamento sulle salite, alla sua momentanea (si spera) resa. Prendere la bicicletta e dopo 30km non riuscire più a respirare. Non sentire più l’aria che entra nei polmoni. Non avere più aria. Non avere più la possibilità di trasformare l’aria in potenza utile a pedalare. Andare in crisi. E in piena crisi ricordare quello che dicevano Vincenzo e Contador dopo gli arrivi: “non riuscivo a respirare”. Una sensazione orribile. Il corpo sente che qualcosa manca: l’aria, semplicemente. Questo clima africano al quale non siamo abituati se ne frega bellamente di tutti gli allenati e di tutti gli allenamenti, impedendo alla cosa più importante per l’essere umano di entrare in circolo per continuare il miracolo dell’esistenza. Aria, cuore, pulsazioni, sangue, movimento, vita. Prendere la bici una mattina e capire le crisi di Nibali e Contador. Con estremo rispetto parlando.

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