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“Pantani è tornato”: il libro di De Zan svela gli agghiaccianti particolari sulle due morti del Pirata

SportFair

“Pantani è tornato”, Davide De Zan, Edizioni Piemme, 16,90€, pp. 228, prima edizione 2 dicembre 2014

A Campiglio hanno ucciso il campione, a Rimini l’uomo. In quel maledetto 5 giugno è morto Pantani. In quel residenze se n’è andato Marco. Un solo uomo ucciso due volte“. Davide De Zan era un grande amico e un grande tifoso di Marco Pantani, ma questo non conta. Nel suo libro “Pantani è tornato”, uscito il 2 dicembre 2014 ed edito da Piemme, ogni riferimento viene circostanziato. L’amicizia e l’ammirazione dell’autore per il Pirata non vengono nascosti bensì esaltati. De Zan era un amico di Pantani e ne è orgoglioso, anzi questo libro vuole anche essere una risposta a Marco che prima di morire aveva chiesto alle persone che gli volevano bene di combattere sempre per raccontare la verità, per fare chiarezza e liberarlo dal fango che gli avevano spalato addosso.

De Zan l’ha fatto e lo sta facendo nel modo migliore possibile: da un lato, supportando con professionalità, anima e cuore il lavoro dell’avvocato Antonio De Renzis portando così alla duplice riapertura delle due inchieste, quella per “frode sportiva” relativamente al controllo che ha portato all’esclusione di Pantani dal Giro d’Italia 1999 a Madonna di Campiglio, e quella per “omicidio” rispetto alla morte del Pirata il giorno di San Valentino del 2004 a Rimini. Nel libro, che commuove ed emoziona lasciando un velo di tristezza, impressione e malinconia per ciò che Pantani ha rappresentato e per come poi è stato umiliato, massacrato, ucciso prima come sportivo e poi come uomo, De Zan scoperchia il vaso di Pandora sul “caso Pantani” e finalmente, oggi che i tempi sono maturi, racconta al mondo intero come sono andate veramente le cose.

Pantani fu eliminato da quel Giro d’Italia che aveva già vinto con un complotto ordito alle sue spalle e neanche poi molto mascherato, almeno col senno di poi. In tanti, anche tra gli ufficiali di gara, l’avevano già minacciato nel giorno della tappa di Cesenatico: “a Milano non arrivi”. Testimonianze autorevoli e rispettose continuano a fare riferimento alle scommesse clandestine. Pantani a Milano non sarebbe arrivato, a costo di sparargli per strada. Hanno fatto di peggio, l’hanno distrutto e umiliato nell’orgoglio e nell’onore di sportivo e di uomo.

E’ evidente come abbiano potuto alterare il sangue con un’operazione molto semplice, che nel volume di De Zan viene spiegata scientificamente, a fronte dei controlli regolari effettuati la sera prima e poche ore dopo in quella stessa maledetta mattina di Madonna di Campiglio presso l’ospedale di Imola, struttura accreditata UCI. L’ematocrito di Marco quel giorno era 48, due punti sotto la soglia. Ma a Madonna di Campiglio l’hanno fregato, come lui stesso ha spiegato ai suoi compagni di squadra della Mercatone Uno prima di andare via dall’albergo con un mancamento alla vista dell’uscita. Furono i Carabinieri a sorreggerlo in piedi e poi a scortarlo in auto. Pantani moriva quel giorno, ed era un omicidio ben orchestrato a tavolino per evidenti interessi economici.

Poi la spirale della cocaina e l’escalation di quei giorni misteriosi nel residence di Rimini. Troppe ombre, troppe incongruità nella ricostruzione dei fatti di quel giorno di San Valentino. Le pagine del libro sono pugnalate per chi ha Marco nel cuore. E’ possibile che un campione come Pantani sia stato trattato, anche dopo la sua morte, con così tanta superficialità? Il sopralluogo nel luogo del crimine, l’incognita del video, del medico legale, del disordine ordinato nella stanza, delle varie testimonianze, e poi l’inchiesta archiviata troppo in fretta. Le ombre che emergono su tutta la vicenda di Pantani diventano un macigno non solo per i tifosi del Pirata, gli appassionati del ciclismo e gli amanti dello sport, ma anche per tutti i poveri illusi sognatori di un mondo e un Paese fondato sulla giustizia, sulla legge uguale per tutti, sulle regole basilari della civiltà. Sembra che contro Pantani sia stato ordito un complotto come quello che non sarebbe stato organizzato neanche contro il più pericoloso dittatore sanguinario della storia, con l’obiettivo di eliminarlo prima dalle gare di ciclismo e poi per sempre dalla faccia della terra. De Zan racconta tutte le vicissitudini di quegli anni intrecciandole tra loro, con emozione e professionalità, forse anche con un po’ di disordine cronologico ma probabilmente è una scelta letteraria perchè le vicende di quegli anni in effetti si intrecciano tra 1999 e 2004 in modo drammatico e precipitoso.

L’aspetto più inquietante dell’inchiesta di De Zan, è il coinvolgimento di tanti “insospettabili” nel complotto ordito contro il Pirata. Il noto giornalista non lo dice e non può dirlo, le inchieste sono ancora in corso, ma da Madonna di Campiglio in quel Giro d’Italia 1999 al 14 febbraio 2004 a Rimini quando più volte Marco ha chiesto aiuto senza essere ascoltato, tante ombre aleggiano sui “colletti bianchi” del ciclismo 1999 e delle autorità italiane 2004.

Finalmente De Zan è – in conclusione – il primo ad avere il coraggio di urlare a caratteri cubitali la richiesta che diventa a questo punto il minimo indispensabile per restituire all’immagine del Pirata un minimo della dignità che gli hanno strappato addosso, e cioè restituirgli il Giro d’Italia 1999. L’aveva vinto con pieno merito.

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