“L’importante non è vincere, ma partecipare”, ne siamo sicuri? I tempi cambiano, così come lo sport

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L’aneddoto del pedagogista francese ancora in voga oggi o superato dallo sport moderno?

L’importante non è vincere, ma partecipare”, diceva Pierre de Coubertin, inventore dei moderni giochi olimpici. Ma non tutti sarebbero d’accordo con questa frase. Nello sport moderno sarebbe difficile convincere personaggi come Mourinho, Tyson, Federer, che questa sia parola di vita. Lo sport è impegno, agonismo e propensione  verso di esso, questi sono i veri valori che lo contraddistinguono da tutti gli altri aspetti sociali della nostra vita, ma siamo sicuri che si è devoti ad esso per partecipare?

A livello dilettantistico le parole di de Coubertin ci potrebbero stare. Quando si parla però di sport a livello professionistico tutto ciò cambia. Quando lo sport diventa professione. Quando la passione diviene allenamento costante, fatica e sacrificio, siamo sicuri che basti partecipare? Si è devoti ad esso per vincere, per arrivare alla meta, per combattere, non per accontentarsi.

Chi glielo dice a Usain Bolt che avrebbe potuto anche fermarsi a metà della sua galoppata verso il record mondiale? O chi vuole provare a parlare con Serena Williams per dirle che non serve vincere altri slam, in quanto ha già vinto tutto ciò che c’era da vincere? Chi la convincerebbe dicendole che forse al prossimo torneo potrebbe anche arrivare seconda, “tanto l’importante è partecipare”?

 “Il secondo è il primo degli sconfitti”, diceva forse più saggiamente Enzo Ferrari, padron della scuderia di Maranello. Il passo è breve tra coloro che sono primi e coloro che li seguono. L’angoscia di farcela per forza, è l’obiettivo primario dello sportivo che suda per arrivare a fare ciò. Il sudore è perciò figurativamente parlando l’essenza dello sport. Esso può essere generato da fatica estrema e quindi dalla voglia di farcela a tutti i costi. Il sudore negli sport più statici, al contrario, può essere anche l’espressione della visibile tensione derivante da una gara importante.

Questo non significa che vincere “a tutti i costi” comporti il ribaltare i valori dello sport, come fare uso di sostanze dopanti o viziare gli esiti delle gare “comprandole”. Significa semplicemente che lo sportivo vero che vuole vincere, s’impegna al 100% sacrificando tutto ciò che legalmente è possibile, il talento se c’è, farà il resto.

Quindi lo slogan ormai diventato juventino, perché pronunciato da Giampiero Boniperti in occasione dell’inaugurazione dello Stadium della squadra torinese, potrebbe divenire lo slogan delle prossime olimpiadi, come di tutti gli sportivi, svecchiando quello ormai datato di de Coubertin. “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”.

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