Da Andrea Garosio a Vincenzo Nibali, un Giro d’Italia nel segno del 7

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Sette uomini, tutti indispensabili per far girare l’ingranaggio Bahrain-Medira: sette storie che hanno lasciato un segno nell’edizione numero 102 del Giro d’Italia

Sette, un numero qualsiasi, uno degli infiniti numeri. Sette, sono le vittorie di Vincenzo Nibali tra grandi giri e classiche monumento. Sette sono i corridori che per ventuno tappe hanno combattuto al meglio giorno dopo giorno. E per questo non possiamo non soffermarci su di essi:

Andrea Garosio, l’uomo nascosto.

Colui che per tutto il Giro d’Italia ha lavorato nelle prime fasi della corsa, colui che al suo primo Giro ha dato tutto se stesso ed è arrivato fino a Verona con il sorriso stampato sul viso. Perché sa che è stato solo il primo di tanti altri…

Grega Bole, il tatuato.

In corsa era subito ben riconoscibile grazie alle sue braccia pieni di tatuaggi, ognuno con un significato diverso e molto profondo. Anche lui ha lavorato nelle prime fasi della corsa, facendo il ” lavoro sporco”, quello che non si vede, ma che conta tanto.

Valerio Agnoli, la felicità.

Sempre con il sorriso, pronto a scherzare, fare una battuta e, sopratutto, mettere buon umore tra i suoi compagni di squadra. Tra tutti è quello che conosce il capitano meglio e, per questo, il suo lavoro ha portato tanto beneficio. Mettendosi in testa a tirare, aumentando il ritmo, era lui che dava il via alla corsa “vera”.

Antonio Nibali, il gatto.

Ci sarebbe tanto da dire su questo ragazzo, ma c’è un’immagine che riassume tutto. La salita del Mortirolo. Tira a più non posso suo fratello, è stanco, è stremato. Digrigna i denti, focalizza il suo obiettivo e, come un felino che punta la sua preda, attacca e spinge sui pedali finché non si lascia andare per la stanchezza. Tenacia, forza e volontà pura. Molti l’hanno sottovalutato, ma è un signor corridore.

Domenico Pozzovivo, il gigante.

Piccolino, ma scattante, forte, potente. Uno dei migliori punti di appoggio che un capitano possa avere quando è in salita. In questi giorni ha aiutato quando la strada iniziava ad essere dura e a Vincenzo serviva un corridore al suo fianco su cui poteva contare:  per attaccare, per scattare, per essere aiutato in un momento di difficoltà.

Damiano Caruso, l’inarrestabile.

Gli avrebbero dovuto dare un premio per essere stato il miglior gregario, per la combattività e per la tanta forza di volontà. Ha iniziato il Giro con 40° di febbre, lo davano per spacciato, era prossimo al ritiro. Però, lui, non ha voluto arrendersi e, partendo sotto la pioggia con la febbre è riuscito, nonostante tutto, a fare il suo lavoro. Una volta ripresosi è stato il gregario perfetto, impeccabile, forse forse aveva la gamba di un capitano. Sempre in fuga, sempre all’attacco, sempre pronto a chiudere i buchi che si creavano per far rientrare il suo capitano. Era colui che tirava così forte al tal punto che Vincenzo, alla sua richiesta di aumentare, dovette rispondere di andare più piano. Pochi sono i corridori come lui. E’ un gregario e si definisce come tale ma, in realtà, è un grande Campione.

Vincenzo Nibali, “semplicemente” Vincenzo Nibali.

Ci ha provato ogni giorno, dando tutto ciò che aveva, in cerca di un sogno, in cerca di quel colore che gli dona così tanto. Ogni tappa l’ha fatta alla perfezione. Poteva dare di più? Ha sbagliato a fare qualcosa? NO! Dalla prima fino all’ultima tappa ha sempre regalato spettacolo, ha sempre fatto emozionare, ha sempre spinto sui pedali e non ha smesso fino ad oggi, fino alla fine della crono di Verona. Ha 34 anni, ma non sono tanti, a questo Giro ha dimostrato di avere la forza di un 26enne spinto dall’emozione per la vittoria del suo primo Giro. Pertanto…
cari ciclisti di tutto il mondo: non è mica finita qua, lo dovrete sopportare per un altro paio di anni. E state attenti, appena non ve lo aspetterete, lo Squalo vi morderà.

Sette corridori insieme creano una forte Squadra. Nessuno è più importante dell’altro, senza uno di loro la squadra non funzionerebbe; sono come tanti ingranaggi di un orologio, anche il più piccolo e all’apparenza insignificante contribuisce a far girare le lancette.

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