Gotze racconta Jurgen Klopp, dagli insulti in allenamento al trapianto dei capelli: “mi urlava di tutto. Un giorno mi disse…”

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Mario Gotze racconta Jurgen Klopp, l’allenatore che lo ha lanciato nel calcio: dagli insulti in allenamento al trapianto dei capelli, i simpatici retroscena sull’allenatore tedesco

Jurgen Klopp, che in un nostro editoriale abbiamo analizzato perchè è l’allenatore ideale per la Juventus, è in questo momento uno dei manager più importanti al mondo. Il suo Liverpool gioca alla grande e il 1° giugno affronterà la sua seconda finale di Champions League degli ultimi due anni. La prova di quanto il manager tedesco stia facendo bene,

Klopp e Pochettino
LaPresse/PA

Klopp non è solo genio calcistico e capacità tattiche, l’allenatore dei Reds è anche una grande persona, capace di costruire un bel rapporto con i propri giocatori, capace di durare nel tempo. Lo svela Mario Gotze, talento che fece esordire a 17 anni nel Borussia Dortmund e che è rimasto sempre legato alla figura di Klopp. A ‘The Player’s Tribune’ Gotze ha rivelato alcuni simpatici retroscena sulla figura di Klopp, dalla sua versione ‘rabbiosa‘ durante gli allenamenti, alla simpatia dei suoi modi al di fuori del rettangolo di gioco, con una particolare storiella sul trapianto di capelli del suo ex allenatore: “è stato il mio primo manager, ed è stato lui a credere in me e mi ha dato la possibilità di debuttare a 17 anni. È divertente vederlo ora con il Liverpool, perché è un tipo così naturale di fronte ai media. È così autentico e dice quello sempre quello che vuole e che pensa. Ma ritengo che molte persone vedano solo la versione di lui in piedi sulla linea laterale del campo. C’è anche un lato molto serio, quello mentre ti allena. Quando avevo 17 o 18 anni e non gli davo il 100% di allenamento, spesso era molto intimidatorio. Veniva di corsa e mi si metteva davanti, faccia a faccia e cominciava ad urlarmi contro. Con i denti stretti diceva: ‘devi avere più passione! Devi dare tutto! Cazzo Dai!!!’. Poi, dopo l’allenamento, tornava calmo ed era anche capace di dire: ‘Mario, come stai? Parliamo della vita. Cosa sta succedendo?‘. Sapeva come gestirmi. Era un allenatore eccezionale, ma la sua personalità era la cosa più importante per me come giocatore giovane. Non ho mai incontrato un manager nel calcio che fosse così naturalmente divertente”.

LaPresse/PA

Non dimenticherò mai la volta in cui l’ho incontrato a Dusseldorf durante l’estate. Stava andando a vedere lo specialista per fare il trapianto di capelli. E’ stato molto divertente. Stava sorridendo, raccontandomi tutto. Mentre stava andando, mi ha fatto l’occhiolino e ha detto: ‘Mario, non preoccuparti, salverò il numero di telefono’. E io ho detto: ‘Cosa intendi?’. E lui: ‘il numero del dottore. Lo salverò per te. Tra qualche anno potresti averne bisogno’. Poi ha riso e se n’è andato. La maggior parte della gente sarebbe stata imbarazzata o non avrebbe detto nulla, ma a lui non importava affatto di quello. Ha avuto un’influenza così divertente e positiva su tutti quelli che lo circondano. Devo ringraziarlo, perché mi ha dato modo di diventare quello che sono e in quegli anni abbiamo raggiunto delle belle cose insieme a Dortmund”.

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