NBA, l’ex GM dei Cleveland Cavs racconta: la difficoltà di lavorare con LeBron James e le sue “interferenze” in società

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David Griffin ex GM dei Cleveland Cavs, è uscito allo scoperto dopo un lungo silenzio svelando il rapporto con LeBron James ma non solo

David Griffin dal mese di giugno non è più il general manager dei Cleveland Cavs. L’ex GM ha raccontato la sua esperienza a distanza di qualche mese, con qualche rimpianto nonostante il titolo arrivato alla fine di un lungo percorso di crescita. Le parole di Griffin, riportate dalla Gazzetta dello sport, denotano un certo rammarico per non aver goduto appieno del successo nel campionato NBA:

Non riuscivo a respirare. Provavo emozioni contrastanti, felice e teso allo stesso tempo. Ero contento per la proprietà che aveva speso così tanto in luxury tax, per come eravamo riusciti a piegare il salary cap in modi mai fatti prima. E’ stato fantastico vedere un’idea realizzarsi in quel modo. Però vorrei essermi goduto di più quel momento, senza essere tormentato dall’idea di cosa sarebbe successo dopo. L’ansia di dover sempre vincere? Succede quando in squadra hai LeBron James, il più forte giocatore in circolazione, che va avanti con contratti di un anno. La sua presenza comporta responsabilità che non avresti in altre situazioni. E il fatto che fosse in squadra con contratti annuali ti costringe a dover vincere subito. E’ complicato dover pensare un anno alla volta, anche se ti permette di fare cose come esonerare il coach a stagione in corso o ribaltare completamente la squadra come hanno appena fatto, perché sai che devi fare di tutto per vincere”.

Griffin ha parlato anche della voce sempre esistita in maniera insistente, che vorrebbe LeBron James molto presente nelle decisioni della società, per non dire che il GM dei Cavs fosse solo un fantoccio ai suoi ordini:

“LeBron non ha mai voluto essere il general manager dei Cavs, e non ci ha nemmeno mai provato . Lui, come Love e Irving, è stato un partner importante nella costruzione della squadra, perché è un vero malato di basket e ha sempre un’opinione molto forte. Ma non è mai venuto dalla dirigenza a chiedere che facessimo qualcosa: lui vuole semplicemente essere il leader in campo perché è ossessionato dal vincere partite. Certo, nessuna star in nessuno sport ha mai avuto il potere che ha lui, con quei contratti di un anno. Questo ha spinto Cleveland a fare le cose per l’immediato. Ma LeBron non è mai stato un problema e non è mai stato coinvolto nel processo decisionale più di quanto volessimo”.

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