Ciclismo – Riccardo Riccò shock: “a causa del doping ho rischiato di morire. Nel 2024 tornerò a correre”

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Riccardo Riccò, ex ciclista della Saunier Duval, racconta cosa è successo nel 2014 e promette di tornare a correre nel ciclismo professionistico

Riccardo RiccòRiccardo Riccò ha intenzione di  ritornare a correre in bici dopo la squalifica per doping. L’ex ciclista della Saunier Duval vanta due vittorie al Giro d’Italia e un secondo posto in classifica generale nel 2008. Riccardo Riccò nel 2012 è stato squalificato per 12 anni perché ha utilizzato l’autoemotrasfusione, una pratica vietata dal 1985. Ma, già in precedenza, al Tour de France 2008 è stato fermato dalla gendarmeria a causa dell’uso del CERA (EPO di terza generazione), trovata nelle sue urine al termine della cronometro di Cholet. A causa di questa notizia, la Saunier Duval ha ritirato la squadra da quella edizione della Grande Boucle. Riccardo Riccò però ha intenzione di tornare nel 2024 a correre e di ricominciare a vincere come faceva in passato. L’ex ciclista della Saunier Duval ha spiegato cosa è successo nel 2014 a Losanna, quando è stato ascoltato dalla Commissione indipendente per la riforma del ciclismo, per i fatti del 2012, come riportato dalla Gazzetta dello Sport:

“sì, nel marzo 2014 a Losanna. Un incontro di sette ore in cui ho spiegato i fatti e fatto i nomi. Alla fine ho firmato un contratto – senza data di scadenza – di riservatezza sui contenuti. Ma andare alla Circ non è servito assolutamente a nulla, non ho avuto sconti di pena, perché per la Fci e l’Uci sono un appestato. Ma come corridore ho fatto quello che hanno fatto quasi tutti. Mi sono adeguato al sistema, mi sono dopato e sono stato squalificato. Ma mi pare che quasi tutti quelli che lottavano con me qualche problemino lo abbiano avuto. Sbaglio? Però per loro è stato usato un altro metodo”.

Riccardo Riccò ha svelato una crudele verità: a causa del doping ha rischiato di morire. L’ex ciclista ha spiegato nel dettaglio cosa gli è accaduto:

“un batterio era finito nella sacca. Non si trattava di cattiva conservazione come molti hanno detto. Non tenevo il sangue nel frigo con la verdura, non sono scemo. Avevo un frigorifero apposito. Quando ho iniziato a stare male, non sapevo cosa fare e la situazione è precipitata. All’ospedale Baggiovara mi hanno acciuffato per i capelli. La situazione era così critica che non ho avuto neppure il tempo di avere paura. Però il rischio è stato altissimo. Non lo sa nessuno, ma una volta finito tutto sono passato in ospedale a ringraziare i dottori”.

Dal giorno della squalifica ad oggi Riccaro Riccò ha cambiato modo e di vivere e si è trasferito in Spagna, a Tenerife. Nella località iberica l’ex ciclista ha iniziato a vendere gelati nel suo locale insieme alla moglie: 

“tutte le mattine mi alzo e via, a lavorare. Un amico mi ha insegnato l’arte e io ho aperto il Choco Loco a El Palmar. Faccio anche gelati per cani, ho una bella clientela. In Spagna ti lasciano lavorare, alle Canarie il clima è fantastico, ma noi italiani siamo considerati cittadini di serie C. Però sarà la maturità, sarà il lavoro… un po’ come persona sono cambiato. Mi piace fare il gelataio. Però non proverò mai l’amore che ho provato e provo per la bici”.

Riccardo Riccò non crede che il doping sia stato debellato dal ciclismo e ha tuonato: 

“sono puliti adesso i corridori? Ne avete la certezza? Io sono fuori dal mondo, non lo so. Ma lei cosa ne pensa? Poi è brutto chiedersi se la gente preferisce questo ciclismo o quello di qualche anno fa? Un aiuto chimico sotto controllo medico, anche se lo chiamate doping, fa meno male che gli sforzi di un ipotetico Tour a pane e acqua. E posso aggiungere che preferisco il doping chimico al motorino? Almeno devi avere il coraggio di giocare su te stesso. Con il motorino è un altro sport. Non sarei mai riuscito ad usarlo. Mi sarei sentito una merda”.

Nella vicenda che ha visto protagonista Riccardo Riccò, ha analizzato nel dettaglio cosa è successo al Tour de France del 2008, quando la gendarmeria gli ha notificato una positività al CERA (EPO di terza generazione):

“ero un giovane molto esuberante e senza filtri, sempre pronto a esplodere. Non ho mai avuto vicino una persona che godesse della mia fiducia, a eccezione di Santuccione. Ma devo dire che non era neanche facile starmi vicino, aiutarmi. Basso, al contrario, è stato bravo a vendersi bene mediaticamente. E’ un suo merito. In più ha avuto anche la fortuna di avere vicino le persone giuste. Appena ho avuto problemi sono spariti tutti. La maggior parte dei manager, i procuratori, pensa solo a far denaro. Mi fanno schifo. Anche sul tema doping ci sono manager che sanno tutto e ti indirizzano dove andare. Nel ciclismo pagano corridore e squadre, io estenderei la responsabilità ai manager e, per i giovani, ai famigliari. I controlli nel professionismo ci sono, va bene anche se sono convinto che serva un tavolo di lavoro per cambiare la normativa. La legge antidoping non può e non deve essere uguale per tutti, amatori e professionisti. Poi bisogna investire molto di più sui controlli ai giovani. Lì si che bisogna lavorare duro”.

Infine Riccardo Riccò ha promesso di tornare a correre nel 2024:

 

“nel 2023 scadrà la mia squalifica avrò 40 anni. Sarò ancora competitivo. Se fossi allenato sarei più forte ora di prima. Fisicamente mi sento così. Ci sono squadre che mi vorrebbero. In caso contrario ne farei io una. Ma io prima o poi torno a correre”.

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