Biaggi a 360°, Max dall’incidente in Supermotard alla stagione 2017 di MotoGp: “Marquez? Vi dico una cosa molto interessante…”

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A tutto Max Biaggi: il centauro romano dall’incidente dello scorso giugno all’eccitante stagione 2017 di MotoGp

LaPresse/Mario Cartelli

Il 2017 per Max Biaggi è stato un anno impegnativo, l’anno della svolta. Un brutto incidente durante un allenamento nella pista di Latina dello scorso 9 giugno ha fatto vivere al centauro romano un periodo tra ospedali e riabilitazione, una disavventura che gli ha fatto prendere la drastica decisione di dire addio alle moto e al mondo delle corse. Intervistato da Motosprint, Biaggi ha confermato senza alcun tipo di ripensamento, la sua scelta:

“Durante quei 19 giorni in terapia intensiva dormivo pochissimo, 2-3 ore per notte, anche se stavo fermo, bloccato a letto. O parlavo con qualcuno, oppure pensavo. E ho pensato tanto. Mi sono ritrovato solo, cioè solo con me stesso, perciò i pensieri non erano ?ltrati perché non c’era l’interferenza di niente e di nessuno. Ed e lì, che ho capito che era ?nita, cioè che non avrei più corso in moto. Nicky (Hayden, ndr) e morto a 30 all’ora, 40 a dire tanto. Anche Schumi andava piano, quando ha battuto la testa cadendo mentre era sugli sci: andava più o meno a quella stessa velocità. Quanto a me, con una Supermotard sono caduto in seconda marcia, in una curva stretta, avrò fatto i 50 all’ora. Quindi una tragedia può capitare anche a bassissime velocità, anche a gente che ha vissuto a oltre 300! Ecco, fra tante emozioni, tutte fortissime, e tanti dolori, ho pensato: “Vuoi vedere che questa volta tocca a me?” A un certo punto pensavo che non me la sarei cavata. E in ogni caso, non pensavo che ne sarei uscito nella maniera in cui ho poi superato l’incidente. Non credevo che sarei tornato come sono adesso. Sono stato molto fortunato. E in quei momenti in cui non potevo sapere niente, ho iniziato a pensare a tutto ed e stato come avere un uragano dentro la testa: i pensieri di una vita giravano velocissimi. Mi sono messo davanti al mio destino, come fossi di fronte a un bivio. Mi sono detto: “Se riceverò il dono di restare ancora al Mondo, cosa farò?”. Non era più il tempo per tergiversare, come capita quando ti dici che ci penserai, che poi vedrai, che tanto un’idea ti verrà… No, questa volta non c’era spazio per una via d’uscita, e mi sono chiesto: ma questo è proprio quello che voglio fare? Ho deciso di chiudere con le corse. Non avrei più s?dato la sorte o il destino. “Basta cosi”, mi sono detto. Adesso è ?nita davvero. Ho fatto dei ritorni, è vero, ma ora basta. Come si suol dire, ho fatto lo switch, ho spinto l’interruttore, non soltanto come pilota ma come uomo. Perché in quel vortice di pensieri ed emozioni e passato di tutto — dalla carriera alle storie più personali — e ho anche scremato, cioè ho tolto dalla mia vita le cose che penso non siano importanti. Ho riordinato tutto dentro e attorno a me, includendo anche situazioni come parenti, amici, condivisioni familiari. E come le scelte, ovviamente”.

Lasciato ormai l’incidente alle spalle, Biaggi si è poi focalizzato sui campionati a due ruote, partendo dalla Superbike, che sta perdendo sempre più interesse e tifosi, arrivando poi alla  MotoGp:

“io non girerei tanto attorno a questo problema, perché già anni fa si sapeva che la Superbike sarebbe scesa un po’ di importanza, e forse anche giustamente, per lasciare spazio a una regina assoluta delle corse, la MotoGp. Gli appassionati lo sanno che cosa è la Superbike, ma il resto del mondo fa confusione tra prototipi e derivate dalla serie. Guarda la Formula 1: è quella, la regina dell’automobilismo, il messaggio è chiaro e non ci si può sbagliare. Deve essere cosi anche nelle moto, dove la MotoGP è su un altro livello. Una volta, diciamo anche sette-otto anni fa, la Superbike era un’altra cosa: portava gente in circuito, faceva registrare buoni ascolti, aveva successo; ora questo movimento non c’è più, quindi la SBK deve diventare una cosa diversa: non dico un evento di contorno, ma una categoria ancora più legata al prodotto di serie”.

Impossibile non lasciare un commento sulla stagione 2017 di MotoGp che si è conclusa due settimane fa a Valencia con la vittoria del sesto titolo in carriera di Marc Marquez, il quarto nella categoria regina:

“Quest’anno sono stato a cinque Gran Premi. Secondo me le prestazioni delle moto sono un po’ appianate, in pochissimi decimi trovi 3-4 piloti: credo, allora, che le moto si equivalgano. Quindi penso che se si prende il campione del Mondo e lo si mette su un’altra moto, credo che vincerebbe lo stesso. Marquez vincerebbe anche con un altro mezzo, e sicuramente vincerebbe con una Ducati. Si tratta soltanto di una valutazione. Come si fa a non restare impressionati da ciò che Marquez fa in moto? La maniera in cui la gestisce quando la fa derapare, lascia senza parole. Oppure quando rischia di cadere e poi si rialza, non è soltanto fortuna, è soprattutto la sua capacità di gestire una moto: ci sono cose che può fare soltanto lui. Stoner? E’ un altro pilota impressionante, uno di quei talenti purissimi che nascono si e no ogni 20 anni. Mi ha sempre impressionato anche lui. Jorge Lorenzo dice sempre che è il talento più puro che lui abbia mai visto. Lo penso anch’io. Ogni tanto io e Casey ci parliamo, o ci mandiamo dei messaggi. Abbiamo un buon rapporto. Marquez è il campione del Mondo semplicemente perché e il più forte. Basta pensare a quanto ha già vinto, pur avendo appena 24 anni. E c’è una cosa ancora più interessante, secondo me: lui non ha ancora raggiunto il proprio picco massimo, perciò il meglio deve ancora venire. Crescerà ancora, almeno ?no ai 28-30 anni“.

La stagione 2017 è stata ricca di sorprese, colpi di scena e anche qualche delusione. L’esordio di Jorge Lorenzo in Ducati, per esempio, non è stato dei migliori, mentre il suo nuovo compagno Andrea Dovizioso è stato protagonista di un campiona impeccabile, ricco di emozioni:

“Jorge ha accettato una bella s?da, lo sapeva che sarebbe stata difficile e Io vedo in lotta per cercare di venirne fuori. Sta dando segni di serietà e maturità. É dura passare su una moto completamente diversa da quella che hai guidato per nove anni; lkui era abituato al sistema giapponese, lavorare con gli italiani è diverso. Non è facile ritrovarsi cosi in difficoltà, per uno che ha vinto cinque Mondiali, di cui tre in MotoGP. Eppure non credo che abbia mai fatto scenate né esternazioni, almeno in pubblico. Non ha mai sbottato. Ma di sicuro il suo compagno ha tratto tanta energia dalla presenza di Jorge. Andrea? Non mi sarei aspettato una stagione così, onestamente proprio no. Dovi ha vinto sei gare, e in ogni situazione: anche all’ultima curva. Ha vinto da pilota maturo, e diciamo la verità: ha salvato la stagione alla Ducati, e anche a noi, visto che senza di lui il campionato sarebbe stato meno bello. E spero per Andrea che questo gli valga un bel ritocchino sul contratto… Adesso bisogna vedere se Dovizioso ha davvero fatto il click e ha acceso l’interruttore, se è cambiato davvero. Perché se ha fatto lo switch, quindi se nel 2018 chiuderà tra i primi tre, vuol dire che per lui può iniziare una nuova carriera. Non è questione di età. Cioè, in questo caso I’età conta poco. A 30 anni si può ancora avere tanto da dare, guarda Valentino Rossi che a 38 anni è ancora in lotta per il podio. Quindi Dovi può fare ancora tante cose, se si consoliderà. Io non mi sono mai trovato in quella situazione, ma ci sono piloti che danno il meglio a una età matura”.

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