Cina, l’odissea di Bojinov: “io costretto a spiegare come si gioca! Compagni? Livello da pulcini, poi hanno quella faccia…”

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Valeri Bojinov ha raccontato la sua esperienza horror in Cina: tra livello basso, incapacità di gioco e problemi di lunga, i soldi sono l’unica sulla quale non stendere un velo pietoso

Bojinov-Cina, un’esperienza da… evitare! – Vi ricordate di Valeri Bojinov, l’attaccante bulgaro che in Serie A ha vestito le maglie di Lecce, Fiorentina, Juventus e Parma? Adesso gioca in Cina, precisamente da febbraio, con la maglia del Meizhou Kejia, sedotto anche lui dal maxi stipendio propostogli. Fra livello di gioco infimo, compagni inadeguati e mancanza di allenatori preparti, il giocatore però non si aspettava di vivere un esperienza talmente pessima da spingerlo, con il senno di poi, a rifiutare qualsiasi proposta milionaria.

Bojinov-Cina, un’esperienza da… evitare! –In Cina puoi venire a lavorare solo per un motivo: ti riempiono di soldi. – ha spiegato Bojinov nel corso di un’intervista a Tuttosport – Il resto? Stendiamo un velo pietoso. Pare che abbiano iniziato ieri ad avvicinarsi al gioco, manco fossero Pulcini. Qui in League 1 cinese tu, europeo, devi insegnare come si gioca a calcio ai tuoi compagni, come fare le diagonali e le sovrapposizioni. Non puoi dire che non si impegnino, i cinesi, questo proprio no. Solo che ci vuole tanto tempo e tanta pazienza. A volte però, pensi che sia tutto inutile, dato che ripetono sempre gli stessi errori. Il problema è a monte: in Cina non hanno buoni maestri di calcio, non ci sono allenatori validi a plasmare i giovani“.

Bojinov-Cina, un’esperienza da… evitare! – E non è finita qui: i problemi sorgono anche a livello di comunicazione con i compagni e con lo staff dell’hotel. “Quella passione che ho trovato in qualsiasi altro posto del Mondo dove ho giocato qui non esiste assolutamente. – ha deto Bojinov – I miei compagni hanno sempre la stessa espressione, sia che quando scherzo con loro, sia quando faccio scherzi, sia quando mi incazzo. E la lingua è un problema eccome: nell’albergo dove vivo io parla inglese solo il direttore dell’hotel. Mi tocca ogni volta ordinare il cibo a lui, gli altri non mi capiscono. Potessi tornare indietro, sono sincero, non riptereri lo stesso errore. Qui non verrei nemmeno sotto tortura“.

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