Ciclismo, mamma Tonina svela: “i disegni con i coltelli e le intercettazioni shock. Gli amici di Marco? Mi hanno detto che il più pulito ha la rogna”

SportFair

Intervistata dal Corriere dello Sport, mamma Tonina ribadisce di non volersi arrendere sottolineando di voler far luce sulla morte di suo figlio Marco Pantani

La tenacia di chi non vuole arrendersi, l’amore per un figlio che supera ogni limite, la determinazione nel far luce su una vicenda davvero oscura. La morte di Marco Pantani continua a rimanere avvolta nel mistero, in un involucro che tutto nasconde e niente rivela. Le indagini della polizia hanno condotto ad una pazzesca archiviazione che mamma Tonina non ha intenzione di digerire. Intervistata dal Corriere dello Sport, la madre del Pirata continua a dichiarare battaglia, convinta che prima o poi la verità sul suo Marco verrà fuori.

Ho fatto un calcolo. Sai quanto ho speso in questi anni fra i sette avvocati che ho cambiato, le spese legali, i viaggi, le perizie? Un milione. Ma lo dovevo a Marco. E non m’arrendo, ?gurati se m’arrendo. Marco hanno cominciato a ucciderlo a Campiglio e lunedì saranno passati diciotto anni da quel giorno. Poi me l’hanno ammazzato a Rimini, nel 2004. Ne sono convinta più che mai. A Forlì hanno archiviato? A Roma e a Bologna riapriranno tutto. Sono stata all’Antima?a: mi hanno promesso che faranno di tutto per rendermi giustizia. E, in settembre, a Bologna potrebbero succedere molte cose. A volte mi sembra che Marco faccia toc toc quando vengo qui, ogni giorno, con Paolo. Dicono sia matta, ma non sono matta. Ho Marco nel cuore.

LAPRESSE

Abbiamo vissuto anni d’inferno e, di solito, quando ti capita una tragedia cosi, ci sono unioni che saltano. Io e mio marito no. Non so come, ma abbiamo resistito. Per me, i primi due anni sono stati allucinanti: non dormivo più, mangiavo poco, continuavo a pensare e a ripensare a ciò che era accaduto fra Campiglio e Rimini. Lo sai che, dopo tredici anni, per la prima volta la settimana scorsa sono tornata a seguire una tappa del Giro? Ho incrociato Martinelli, il ds di Marco. A Campiglio hanno taroccato la provetta dell’ematocrito che la sera prima era regolare e il mattino dopo non più. Ho detto a Martinelli: c’è chi è stato zitto mille volte. Tutti quelli che conoscevano Marco sanno tutto, ma, dopo diciotto anni tutti stanno ancora zitti. E lo sai che cosa mi hanno detto al Giro, a proposito degli amici di Marco? Il più pulito ha la rogna“.

Foto Marco Rosi/Lapresse

A gettare ancora più ombre sulla situazione di Marco Pantani ci ha pensato anche l’avvocato De Renzis, intervenuto durante una trasmissione di Teleclubitalia, emittente campana: “Ci sono dichiarazioni agli atti di personaggi di grosso calibro che dicono sia stata organizzata l’alterazione degli esami a Campiglio perché Pantani non doveva vincere il Giro. Non possiamo escludere che ci siano stati comportamenti estorsivi che hanno danneggiato la ?gura di Marco. Pantani ha sempre avuto questo sentore, ha sempre cercato la verità sui fatti di Madonna di Campiglio, era diventata la sua ossessione. Era convinto di essere stato fregato. Lo ha detto quella mattina a tutti. La provetta non l’ha manomessa un boss, ma qualcuno che quella mattina era lì a Campiglio. Non solo è saltato in aria un campione del mondo, ma e saltata un’esistenza“. Mamma Tonina poi continua: “Vittorio Savini, I’ex presidente del Club Magico Pantani, mi ha detto: “Nel ‘99, Marco non doveva arrivare a Milano in rosa altrimenti l’avrebbero fatto fuori”. E poi c’e la telefonata del detenuto vicino alla camorra e a Vallanzasca, un’intercettazione raccolta da Davide De Zan per Premium Sport il 14 marzo 2016. Davide De Zan, oltre a essere uno dei migliori cronisti di ciclismo, in questi anni si è sempre strenuamente battuto per difendere la memoria di Marco“. Una telefonata che la mamma di Pantani non smette di ascoltare e che riproponiamo qui:

Foto Marco Rosi/Lapresse

Uomo: “Mi hanno interrogato sulla morte di Pantani”.

Parente: “Noooo!!! Va buo, e che c’entri tu?”.

U: “E che c’azzecca. Allora, Vallanzasca ha fatto delle dichiarazioni”

P: “Noooo”.

U: “All’epoca dei fatti, nel ’99, loro (i Carabinieri, ndr) sono andati a prendere la lista di tutti i napoletani che erano…”.

P: “In galera”.

U: “Insieme a Vallanzasca. E mi hanno trovato pure a me. lo gli davo a mangia. Nel senso che, non e che gli davo da mangiare: io gli preparavo da mangiare tutti i giorni perché e una persona che merita. É da tanti anni in galera, mangiavamo assieme, facevamo società insieme”,

P: “E che c’entrava Vallanzasca con sto Pantani?”.

U: “Vallanzasca poche sere fa ha fatto delle dichiarazioni”.

P: “Una dichiarazione…”.

U: “Dicendo che un camorrista di grosso calibro gli avrebbe detto: ‘Guarda che il Giro d’Italia non lo vince Pantani, non arriva alla ?ne. Perché sbanca tutte ‘e cose perché si sono giocati tutti quanti a isso. E quindi praticamente la Camorra ha fatto perdere il Giro a Pantani. Cambiando le provette e facendolo risultare dopato. Questa cosa ci tiene a saperla anche la mamma”.

P: “Ma è vera questa cosa?”.

U: “Si, si, si… si, si”.

La memoria di Tonina non può poi non tornare a quel maledetto Residence: “prima mi hanno detto che Marco fosse morto alle sei del pomeriggio, per la cocaina. Poi alle dieci e mezzo di sera. Hanno trovato a soqquadro la stanza con il soppalco, il condizionatore svitato e il lavandino in mezzo alla stanza, sul pavimento: secondo te, uno che si fa di cocaina ha la forza di sradicare un lavandino dal muro o un condizionatore dalla parete? Nel cestino dei ri?uti, c’era la carta che avvolgeva un cornetto Algida. Mi hanno detto: il gelato se l’è mangiato uno degli investigatori. E’ normale che, sulla scena di un delitto, chi indaga abbia pure il tempo di mangiarsi un gelato? E’ pensabile che Marco, ingerita la cocaina, si fosse mangiato un gelato? E i due giubbotti fantasma sull’attaccapanni? Mi hanno detto fossero del marito della Ronchi, ma lui ha smentito… Poi hanno archiviato. Ma, credimi, non è ?nita. Non sarà mai finita sino a quando Marco non avrà giustizia.

Tu non hai idea di quanti, in questi anni, abbiano lucrato o cercato di lucrare sul nome di Marco, sfruttandolo in ogni modo. indecente. Negli ultimi mesi, Marco aveva preso l’abitudine di scrivere. Poi, appallottolava gli appunti e li lanciava dietro un armadio. Li ho trovati dopo la sua morte, li ho stirati a uno a uno, li ho portati da uno psicologo per cercare di capire quali fossero i pensieri di mio ?glio. Sai com’è ?nita? Che lo psicologo non me li ha più restituiti. Conservo un disegno di Marco: raf?gura un ciclista con le ali, ha una corda al collo, legata a un sasso, ha un pugnale con?ccato nella schiena. Dio mio, Marco, quanto hai sofferto. Non mollerò mai. Lo devo a Marco“.

Condividi