Giovanni Visconti tra successi, fatiche e obiettivi futuri: ecco a cosa punta il 33enne di Torino
Col du Galibier. Tour 1998. Fa freddo, piove a dirotto. Dalla nebbia spunta un gruppetto di ciclisti. All’improvviso uno di loro si volta, guarda in volto tutti gli altri, e poi scatta. Non verrà più ripreso fino all’arrivo di Les Deux Alps, dopo una discesa a rotta di collo dagli oltre 2600 mt di una delle montagne simbolo del ciclismo. Il suo nome è Marco Pantani. Con quell’impresa memorabile mise le mani sul Tour, nell’anno della storica doppietta col Giro d’Italia. Orlando Maini, all’epoca uno dei sui direttori sportivi nella seconda ammiraglia della Mercatone Uno, mi raccontò come il suo unico pensiero era di riuscire a far fermare Marco nelle prime curve della discesa per fargli mettere la mantellina. Oggi, alle Grange du Galibier, nel punto dove Pantani scattò, c’è un monumento che ricorda quella immensa pagina di ciclismo.
Col du Galibier. Giro 2013. Nevica, fa un freddo cane. Gli organizzatori decidono di portare il traguardo dalla cima del Colle, dove imperversa la tormenta, quattro chilometri più in basso, proprio alle Grange du Galibier. La corsa è sul Moncenisio, poi giù nella vallata della Maurienne, quindi il Telegraphe, Valloire, e la salita finale verso Plan Lachat. E’ in corso una fuga. Saltano tutti, e in testa rimane un uomo solo al comando. Il suo nome è Giovanni Visconti. Dietro il gruppo rimonta ferocemente, come un branco di cani affamati che rincorrono la preda. Ma Giovanni non molla. La neve gli batte sul volto. Ma lui va avanti. Meno quattro, meno tre, meno due. Ultimo chilometro. Il gruppo non lo ha raggiunto. Ancora uno sforzo, ancora pochi metri. Finalmente le braccia al cielo tra le lacrime. Un’impresa sublime, la sua vittoria più bella.
Di seguito il resoconto della nostra Giada Gambino sull’incontro col corridore siciliano, tre volte campione italiano, ora in forze al nuovo Bahrain Merida Cycling Team.
Ieri (21/11/2016) ho avuto l’onore di incontrare una persona meravigliosa. Un ciclista che ha superato le difficoltà a testa alta guadagnandosi vittorie importanti. Questo ragazzo così gentile, simpatico e disponibile si chiama Giovanni Visconti.
Desciverei Giovanni come un campione a tutti gli effetti. Lui ha sacrificato la sua infanzia per diventare un ciclista, un grande corridore e in fine un campione. La cordialita di questo ragazzo è davvero impressionante. La sportività di un campione si vede dalla sua persona, dal suo modo di essere, anche quando non è sopra un sellino a pedalare come un pazzo. In questo piacevole incontro, ho avuto la possibilità di fargli qualche domanda sul suo passato e sul suo futuro.
D- Quando eri piccolo hai fatto tanti sacrifici per diventare il grande ciclista che sei. Avevi qualche desiderio che non hai potuto realizzare?
R- Ma… se devo essere sincero no. Perchè il desiderio era quello di diventare un corridore professionista. Ce l’ho fatta e sono diventato un buon corridore, non un campione; però, ho fatto la mia dignitosa carriera e sono contento così!
D- Tra tutte le tue vittorie, quale ti è particolarmente cara?
R- Ci sono diverse vittorie importanti per me: la prima vittoria da dilettante, perchè mi ha sbloccato psicologicamente e mi ha fatto conoscere in Toscana; il campionato italiano di Genova, che mi ha dato la mia prima maglia tricolore (poi ne sono arrivate altre due, ma la prima è quella che ricordo maggiormente). Però, forse, la vittoria più bella in assoluto, a livello tecnico e un po’ sotto tutti i punti di vista, è stata quella di Vicenza al Giro D’Italia. Lo è stata ancora di più del Galibier, perchè questa vittoria è stata una specie di liberazione dopo un periodo buio. A Vicenza è stata per me la consacrazione e la consapevolezza che potevo e posso fare quei numeri.
D- Quali sono i tuoi obiettivi per questo 2017 e le impressioni su questa nuova squadra?
R- Mi piacerebbe sdoppiarmi, essere due corridori, il prossimo anno. Innanzitutto per Vincenzo; lui mi ha chiamato personalmente, mi ha voluto con determinazione e mi ha valorizzato per il lavoro fatto in Movistar, aspetto che è mancato un po’ nella mia vecchia squadra. Inoltre, vorrei essere il corridore che la mia squadra si aspetta, cioè il Visconti vincente e grintoso, capace di stare in gara con più cattiveria agonistica. Avrò le possibilità di farlo; infatti, in squadra mi daranno spazio per fare il capitano a cominciare dall’Australia a Gennaio, per poi tornare con Vincenzo in occasione della Tirreno prima del Giro. Quindi, sarebbe bello potere fare entrambe le cose: ritornare il Visconti di una volta ed essere fondamentale per Vincenzo.
L’incontro con Giovanni è stato piacevole e, a tratti, scherzoso facendo emergere la sua simpatia e un’allegria inaspettata. L’amarezza, però, ha fatto capolino nelle sue espressioni quando ha fatto la seguente considerazione: “Non auguro a mio figlio di fare il ciclista, non tanto per la fatica, ma per come si è trasformato il mondo del ciclismo negli ultimi anni. La gente non lo sa, ma noi professionisti viviamo in una specie di “gabbia”; dobbiamo comunicare tutti i nostri spostamenti e i controlli anti-doping ti arrivano all’improvviso e a qualsiasi ora. Qualche giorno fa, a casa mia, si sono presentati alle 06.00 di mattina. Soprattutto per questi aspetti non augurerei a mio figlio di fare il ciclista”.
Ci auguriamo, per il piccolo Visconti, una splendida carriera in un altro settore e, nel frattempo, speriamo di vedere un Giovanni pronto ad andare in fuga verso una splendida vittoria con la forza e la passione che, sin da piccolo, lo portavano a sfrecciare per le strade della provincia di Palermo.
Giada Gambino e Valerio Capsoni