The Greatest – Pugile, poeta, religioso

SportFair

Un mese fa se ne andava Muhammad Ali

È passato un mese da quando “The Greatest” ha deciso di andarsene da questa terra per andare a portare altrove il suo verbo e la sua tecnica pugilistica. Il 3 giugno scorso, a Scottsdale, Arizona, moriva Muhammad Ali, 74 anni, uno spirito indomabile, che dal 1984 lottava, insistentemente contro il morbo di Parkinson.

Mark Reinstein/Globe
Mark Reinstein/Globe

Aveva vinto 3 volte il titolo di campione del mondo dei pesi massimi battendo il campione in carica, unico pugile ad essere riuscito nell’impresa, nel 1964, nel 1974 e nel 1978. Di lui si è detto e letto di tutto, di più, di troppo. Fino a farlo diventare quasi un uomo “innocuo”, un “amico”, un “bianco”. Lui, Muhammad Ali, non avrebbe gradito. Joe Louis era il “massimo che piaceva ai bianchi”: per forza, stava sempre zitto! Ali no, Ali parlava, eccome! “Non devo essere quello che volete che io sia. Sono libero di essere come voglio io.” Questo, in estrema sintesi, era lo scomodo pugile che i giornalisti bianchi, vecchi e incravattati, osservavano boxare definendolo poi sulla carta stampata “un ragazzino spaccone”.

LaPresse/PA
LaPresse/PA

Ali si allenava al sacco e declamava versi, era entrato nella Nation of Islam, e veniva visto con parecchia diffidenza dalla classe giornalistica “white only” dell’epoca. E non solo i giornalisti lo ignoravano. Gli organizzatori dell’incontro Ali-Liston chiesero gentilmente al Cassius Clay pre-match di non dire nulla della sua conversione all’Islam, perché già non si vendevano biglietti, figurarsi se avesse detto “la verità”. Questo era in pratica lo scomodo Muhammad Ali che un mese fa tutta l’America osannava. Era questo quello che sarebbe diventato il primo, e unico, esempio di pugile-poeta-religioso. Era questo, era “The Greatest”.

Condividi