Come la pensa Danilo Di Luca, che nel suo libro si toglie parecchi sassolini…
“Non siamo eroi, siamo dei pazzi scatenati, dei coglioni. Gente che sta in dialisi, che si è bruciata le palle, che è morta per ispessimento della parete cardiaca. Per un ciclista l’importante è vincere, non pensi mai che ti ritiri, che ti possono beccare, che ti puoi ammalare, che puoi farti male. Esiste solo la vittoria. Vinci e soddisfi il tuo ego, lo status, la carriera”
Chi ha mai descritto meglio, e più sinceramente, l’essere ciclista? Il Re è nudo, o almeno tale appare, nelle pagine che scorticano la pelle del libro di Danilo Di Luca. È quello che in fondo molti pensano ma che nessuno ha mai avuto il coraggio o l’ardire di confessare, mettendosi, drammaticamente, a nudo. È sempre Di Luca a dire quello che ogni persona di buon senso, almeno una volta nella vita, assistendo a una tappa di una gara ciclistica, ha pensato: “Andare in bici per 6 ore di fila, fare 260 chilometri a 40 all’ora di media con sole pioggia vento è disumano, lo sforzo mangia tutto, non hai un filo di grasso, non hai niente, tutte le tue riserve sono consumate. La ricerca di qualcosa che ti allevi il dolore è costante: “non hai qualcosa che mi toglie la fatica?”
Si potrà anche fare finta di nulla, ma questo libro è uscito, ed è in vendita. C’è scritto di tutto. E di più. Se lo leggerete, avrete un’opinione più “colta” e più “dall’interno” del ciclismo moderno, quello che (forse? purtroppo?) va in onda in questi giorni.