Capienze più ridotte, abolizione di barriere e recinzioni, proprietà dei club e strutture polivalenti con pub stores, musei: sarà questo il futuro degli stadi in Italia? Ed il calcio?
C’è chi scommette che tra dieci anni, in Italia, le squadre di calcio di Serie A giocheranno le loro partite in stadi di ultima generazione. Il modello pilota è quello Inglese, modello nato da un percorso culturale e legislativo lungo ed importante che ha dato alla luce impianti all’altezza di uno spettacolo come quello delle partite di calcio. Pubs, Supporter shops, museo della squadra, sedi di ritrovo per tifosi ristori, spazi vip riservati, sale stampa, centri commerciali .ecc. strutture polivalenti progettate e sostenute da importanti investimenti di risorse economiche e da imprenditori esteri, sempre più presenti sul territorio britannico, che guardano al proprio pubblico non proprio come tifosi, ma come potenziali consumatori.
Dopo gli orrori di Italia ’90, con la costruzione di alcune fredde scomode cattedrali (vedi i “Delle Alpi” di Torino meno il “San Nicola” di Bari), è normale pensare a come e con quali criteri potrebbe avvenire il restyling degli impianti attulamente presenti sul nostro territorio. Esistono ancora oggi strutture, dalla serie A al Cnd, che sono un concentrato di barriere architettoniche, recinzioni, fossati e piste atletiche. Tutti impedimenti che secondo molti esperti, allontanano il tifoso dal rettangolo verde di gioco.
In Ialia
Il primo stadio più vicino al modello inglese in Italia è stato il Luigi Ferraris di Genova per conformazione e vicinanza al campo di gioco. Ma dopo trent’anni di scelleratezze e scelte sbagliate, complice anche la crisi economica che ha messo a nudo tutte le debolezze del sistema, il calcio italiano ha iniziato a cambiare rotta; attulamente alcuni Club hanno già a disposizione uno stadio all’altezza delle esigenze attuali: Juventus, Sassuolo, Udinese e Cesena. Nei loro impianti è possibile godersi una partita senza aver a che fare con barriere, recinzioni, fossati, gabbie, e piste di atletica. Ma più che l’adozione del modello inglese anche in Italia, forse sarebbe meglio scegliere una sorta di “linea mista” ed italianizzare il restyling adattandolo alle esigenze culturali ed economiche del nostro Paese. Ma per farlo è necessario che il sistema-calcio sia il primo ad essere rivoluzionato. È del tutto inutile lanciare campagne di schedatura di massa come la “Tessera del Tifoso” senza garantire la minima sicurezza all’interno degli impianti, complicando l’iter previsto nell’assegnazione dei biglietti e reprimendo sempre più i tifosi in un contesto sempre più globalizzato. Si fa cenno all’introduzione delle telecamere a circuito chiuso, all’obbligo di assistere alle partite da seduti, alle frequenti operazioni di intelligence della polizia contro gli ultras, agli arresti in flagranza e all’aumento dei biglietti delle partite. La cultura italiana, il sistema lento e malmesso dovrà dunque far fronte al tortuoso percorso di ristrutturazione insidiato da normative, carenza di risorse e possibili speculazioni. Sappiamo di vivere in un’era in profonda trasformazione che sta mettendo in serio dubbio anche l’etica sportiva del mondo del calcio tra vendita dei diritti tv, sponsorizzazioni, merchandising e società di calcio pronte a configurarsi sempre più come società di servizio che guardano il proprio pubblico non come tifosi, ma come potenziali consumatori.
E proprio nel rispetto della passione e dei tifosi di questo antico sport, il dialogo di questi direttamente con società e istituzioni dovrebbe assumere sempre più importanza per favorire e la partecipazione sul tema del tifo e del futuro del calcio, anche sul piano migliore da realizzare per gli stadi. Prevenire i fenomeni di violenza evidenziando i valori positivi espressi dalle tifoserie e dell’importanza del tifo organizzato nel calcio, dovrebbe essere questo l’obiettivo di un cambiamento culturale e di un’adeguata “riforma degli stadi”.
C’è da ricordare inoltre che si è ad una partita di calcio e non ad un cinema. Gli ultimi dati vedono il movimento economico complessivo del calcio italiano con un giro d’affari stimabile in circa 13,7 miliardi, dato in crescita negli ultimi 10 anni di oltre il 50%. E’ quanto emerge dalla 6/a edizione del ‘ReportCalcio’, lo studio della Figc che mette in luce la crescita finanziaria intorno al prodotto calcio e soprattutto gli interessi degli investitori stranieri pronti a concludere affari a favore di uno spettacolo migliore. Affari lontani dalla gente, affari che non vedono coinvolti i tifosi che sperano solo nella salvaguardia dei valori tradizionali e simbolici: il calcio come una festa dove si coagulano riti e sentimenti che, al di là del gioco e dello spettacolo, costituiscono la vera ragione della passione per il calcio. Il calcio italiano ha una lunga e orgogliosa tradizione e un’immensa importanza nella cultura popolare del Belpaese.
La costruzione di uno stadio di proprietà sembra, per molte società, l’unica strada percorribile per garantire la sopravvivenza stessa di un club di massima serie. Lo stadio è un patrimonio della società, grazie al quale aumentare sensibilmente il fatturato offrendo al pubblico elevati standard di comodità, visibilità del campo, sicurezza, spazi ricreativi. Adesso prima di perdersi in lunghe e lente riforme italiane riguardo al riammodernamento delle strutture il sistema sportivo dovra’ tener conto del tortuoso percorso di ristrutturazione sempre più insidiato da normative, carenza di risorse e speculazioni. Andrebbe riconsiderato l’imperativo oggi dominante di tagliare i ponti tra ultras e club, invece , sarebbe opportuno che i tifosi fossero coinvolti, e che le società esercitassero un ruolo maggiormente collaborativo. Occorre, altresì, tenere in considerzione la storia e la situazione socio-culturale Italiana prendendo spunti positivi da ciò che gli altri Paesi offrono e cercare di salvaguardare il tifo organizzato, la goliardia romantica e popolare del Belpaese e far risorgere quello che, fino a pochi anni fa, era “Il campionato più bello del Mondo”.