Tennis: Andre Agassi, un uomo, una leggenda

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La storia di Andre Agassi: dal bambino prodigio all’odio per il tennis fino ad arrivare alla svolta

Andre Agassi. Un uomo ,una leggenda. Una storia, la sua, che sa di odio, di amore e di ricerca. Il bambino prodigio, così lo definivano. Il fenomeno di Las Vegas. Uno che fin da piccolino con la racchetta faceva magie. Nessuno poteva immaginare come in realtà Andre odiasse il suo sport.

LAPRESSE
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Lo odiava, si’, soprattutto perché gli era stato imposto dal padre che voleva far di lui il numero uno del mondo ancora prima che nascesse. Fa sorridere pensare che già in culla Agassi senior gli avesse legato alla manina una racchetta da ping pong sollecitandolo a colpire la pallina gialla che gli penzolava davanti. Poi, il campo costruito in giardino, gli allenamenti estenuanti con il Drago, la macchina lancia-palle che scandiva le sue giornate e la Nick Bolletieri Academy, lontana migliaia e migliaia di km da casa che fu obbligato a frequentare..e certo? Chi nelle sue condizioni avrebbe potuto provare un sentimento diverso?

andre-agassiEd ecco perché Andre si ribellava sfoggiando look bizzarri (facendosi tagliare i capelli da mohicano con ciuffi fucsia o scendendo in campo con i jeans). Spesso i suoi comportamenti venivano fraintesi e la stampa lo definiva un narcisista egocentrico. Uno solo immagine e niente sostanza (solo chiacchiere e distintivo per parafrasare Al Capone negli “intoccabili”). Eh si’, perché all’inizio Andre non riusciva a vincere il tanto agognato Slam e il perdere la lotta contro se stesso che il tennis comporta nelle sue battaglie non faceva che aumentare la sua frustrazione tanto da fargli regalare tutte le sue racchette a dei clochard dopo la sua sconfitta al primo turno nel suo esordio a Wimbledon. Era fortemente tentato a dire basta al tennis in tale occasione.Ma Il suo non poteva essere solo odio. No. Ci doveva essere necessariamente anche quel filo di amore che gli ha permesso di rialzarsi sempre dai momenti no come questo .

LaPresse/Michele Ricci
LaPresse/Michele Ricci

Perché sarebbe stato facile appendere la racchetta al chiodo e abbandonare tutto, ma Andre non l’ha mai fatto: il suo infatti era odio misto ad amore. Un po’ come l’odi et amo di cui parla Catullo che ha un alcunché di arbitrario e magico. Un amore che si può intravedere nel suo sguardo quando finalmente fa suo il primo Slam in Inghilterra e che in qualche modo aumenta quando Andre capisce che dietro al tennis c’è tanto della vita come l'”andare avanti attraverso il dolore”, quando questo sport gli permette di conoscere la campionessa tedesca Steffi Graf che diventerà sua moglie e quando finalmente, dopo una lunga ricerca di se stesso capisce, anche grazie a un incontro con Mandela, che lo scopo di tutto è aiutare gli altri e con i ricavati del suo successo può raggiungere questo suo obiettivo degno d’onore e ammirazione.Andre finalmente gioca per un fine che non è di suo padre o del suo staff ma che e’ suo e suo soltanto.

LaPresse
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E la musica comincia a cambiare! Tra alti e bassi ma con più consapevolezza vince l’impossibile: otto tornei del grande Slam e addirittura un Golden Slam. E con i soldi che guadagna, lui, quel ragazzino che odiava la scuola tanto da interromperla a 14 anni ha dato vita a qualcosa di straordinario: la Andre Agassi Academy che dà un’istruzione e un futuro ai ragazzini dei quartieri disagiati di Las Vegas. Insomma altro che uomo di “solo immagine e niente sostanza”: Andre ha cercato di combattere per cambiare le cose mettendoci sempre al centro il cuore.

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