Le ombrelline sulla griglia di partenza hanno ancora un senso nel 2016?
Il ruolo dell’ombrellina ha il sapore di un mondo antico, ormai scomparso. Questa donna-immagine, a tutti i costi in minigonna o shorts, dall’ombelico sempre e comunque esposto, dallo sguardo ammiccante e non parlante, dalle labbra rosso-voglia e dal seno compresso ed esibito, ha fatto il suo tempo.
L’ombrellina è l’ultimo avamposto di un retaggio culturale macho-maschilista, che vedeva nei motociclisti degli eroi senza paura e nelle ragazze-ombrello le donne premio dopo la gara a due ruote svoltasi fra i galli del pollaio. Il mondo è andato avanti. Le donne si sono emancipate. Gli uomini non sono più così duri. I motociclisti sembrano sempre più bambini. Di conseguenza, ci chiediamo, cosa ci stanno a fare, ancora, inossidabili, le ombrelline sulla linea di partenza, a sorridere forzatamente quando la telecamera inquadra il pilota a cui sono state abbinate? Francamente, le ombrelline, sulla griglia, sembrano statue di un’antichità che è trapassata e ben più che remota; somigliano a vestigia di una civiltà che fu e che, fortunatamente, non è più; rappresentano, al suo massimo livello, un concetto di donna-oggetto che il corrodere del tempo ha definitivamente consunto.
I piloti della MotoGP bevono bevande energetiche, non più birra o wiskey; le scuderie non hanno più meccanici sporchi d’olio, ma ingegneri devoti alla tastiera dei loro pc; gli sponsor non vogliono più “divi”, ma campioni puliti. Quindi, chiediamo, perché l’unico indizio che collega al passato deve rimanere l’oggetto ombrellina