Atletica, lo sfogo di Silvia Salis: ecco cosa è successo veramente

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Silvia Salis si sfoga su Facebook e spiega cosa è realmente accaduto: chi parla di doping sbaglia!

Dopo l’atletica russa, anche quella italiana è adesso nel caos. Fortunatamente nessun caso di doping, “solo” degli errori di forma, se così possiamo chiamarli. Alcuni atleti italiani sarebbero stati squalificati infatti perchè non compilavano e mandavano i moduli della reperibilità. Tutti gli atleti italiani dunque, soprattutto quelli “colpevoli” sono stati presi di mira dalla stampa e dai tifosi. Silvia Salis però ha voluto dire la sua, specificando quali sono le vere motivazioni delle accuse, e rimarcando in particolar modo tutto il lavoro, gli allenamenti e i sacrifici da lei fatti durante tutta la sua carriera. Lavori e sacrifici che non vuole vedere infangati ingiustamente. Queste le parole scritte dall’atleta italiana:

Innanzitutto ci tengo profondamente a precisare che quella di cui vengo accusata non è una vicenda di doping ma di problemi di ricezione della reperibilità da parte del sistema Whereabout, con il quale il Coni monitora lo spostamento di ogni atleta. Chi mi conosce sa che in 15 anni di carriera mi son sempre battuta contro il doping e contro chi ha sporcato il nostro sport, prendendo anche parte a campagne di sensibilizzazione tra i giovani.
Per quello che riguarda l’accusa, l‘unica cosa che mi sento di dire è che il sistema aveva falle tecniche. Fino a qualche anno fa il sistema era cartaceo: la Fidal mediava i nostri rapporti con il coni, noi mandavamo reperibilità via fax (nel 2011!!) e loro la comunicavano al Coni. Sono in possesso di documenti email provenienti dalla Fidal nei quali io, sorpresa che non avessero ricevuto la reperibilità, chiedevo spiegazioni. La giustificazione (che ancora conservo) è stata data al malfunzionamento del fax che è durata qualche giorno nell’inverno tra il 2010 ed il 2011. Basterebbe solo questo per spiegare in che situazione fosse lo stato della comunicazione della reperibilità all’epoca. Successivamente dal fax si passò ad una piattaforma informatica, che presentò da subito problemi di funzionamento: anche in questo caso ho prodotto documenti riguardo all”immissione della password ed alla generazione calendario. Vi faccio un esempio: a Londra appena arrivata mi ero registrata al villaggio olimpico, ma il responsabile sanitario del Coni, mi disse che non risultavo al villaggio. Insistendo sul sistema, aiutata dai sanitari Fidal, sono riuscita ad aggiornarlo, ma è un altro esempio eclatante per capire cosa è successo. Oltretutto, nel caso ci siano inadempimenti, mancate comunicazioni di reperibilità o mancati controlli, la procura è tenuta a mandare all’atleta una raccomandata con ricevuta di ritorno che rappresenta un’ammonizione, ed alla terza scattano le sanzioni. Nella mia vita non ho mai ricevuto ammonizioni riguardo alla mancata comunicazione reperibilità, la mia unica ammonizione ricevuta è stata nell’estate 2014 per un supposto mancato controllo. Ho fatto subito ricorso producendo documenti e dimostrando la negligenza delle altre parti in questione nel reperirmi, e il ricorso l’ho vinto: questo rappresenta il mio unico contatto con la Procura Antidoping in 15 anni di nazionale. Posso parlare solo per me perché conosco la mia situazione, ma nei corridoi della procura ho potuto riscontrare nei giorni delle audizioni di altri atleti che il mio era un sentimento comune di grande frustrazione per esser stati coinvolti in un malfunzionamento delle strutture e dei sistemi preposti. Certa che la vicenda sarà risolta positivamente per me, ribadisco la mia assoluta estraneità a quello di cui sono accusata e confido nel buonsenso della giustizia sportiva, augurandomi che in futuro vicende del genere non accadano più, specie in un periodo molto buio per l’atletica leggera.

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