Un ragioniere sul ring: il pugilato di Wladimir Klitschko

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Quando il pugilato non diverte e non appassiona, il caso di Wladimir Klitschko

C’è un pugilato che non emoziona, non entusiasma, non seduce. C’è un uomo che ha raggiunto il record di vittorie dell’indimenticabile Joe Luis, che ha difeso il titolo per ben 18 volte e che ha tirato, nell’ultimo incontro, qualcosa come 383 jab: eppure nessuno lo giudica un pugile all’altezza del suo titolo. Perché Wladimir Klitschko, questo è il suo nome, è uno di quei pugili che, quando è sul ring e combatte, annoia la platea. E forse anche sé stesso. Tant’è che ogni tanto, sul quadrato, sembra persino distrarsi. Il suo è un pugilato fatto di monotonia e colpi dritti: sempre gli stessi. Colpi lunghi, diretti. A tenere a bada lo sfidante con le sue lunghe e forti leve. La boxe di Klitschko piace a pochi. Certo non ha l’aggressività di Tyson, certo non ha la potenza di un Foreman, certo non ha l’eleganza di Ali. Quello che rimane, dopo un incontro di Klitschko, è la sensazione che la boxe sia uno sport per ragionieri della fatica. Niente spettacolo. Niente dramma. E se al pugilato togli spettacolo e dramma, quel che resta è un simbolico vuoto d’aria.

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