Il profilo di un campione: Marco Pantani tra doping e leggenda [FOTO]

  • LaPresse/Massimo Paolone
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Una storia di una “vita spericolata” tra pedalate e clamore, tra droga e sport

Marco Pantani, un uomo o una leggenda? La sua vita, impossibile capirla fino in fondo, tante sono le luci in essa ma forse di più sono le ombre. Tantissimi i successi, molte le accuse, le sfortune, gli incidenti, fino alle ragioni ancora incerte sulla sua morte. Un uomo che ha vissuto fino in fondo, che ha lottato, contro gli infortuni, contro gli altri nelle scalate più dure, ma soprattutto contro se stesso, contro la sua depressione e contro la droga. Il pirata era chiamato, per quella bandana che nelle gare diventava l’amuleto delle sue vittorie.

L’INIZIO – La storia di Marco Pantani incomincia a Cesena il 13 gennaio 1970. La sua prima bici gli venne regalata dal nonno Sotero che lo iscrisse anche al circolo Fausto Coppi. Il giovane Marco si contraddistinse subito tra i suoi coetanei per la sua inequivocabile dote. Il suo ingresso nei professionisti avvenne nel 1993 quando passò alla Carrera, la squadra che lo rese famoso, ma solo nel Giro d’Italia del 1994 esplose come ciclista professionista vincendo le tappe di Merano e dell’Aprica, finendo secondo nella classifica generale. Nella frazione dell’Aprica scattò sul Mortirolo, lasciando dietro il russo Evgenij Berzin e lo spagnolo Miguel Indurain: dopo aver preso fiato ed essersi fatto riprendere da Indurain, sul valico di Santa Cristina riattaccò andando a vincere la tappa.

pantani2GLI INCIDENTI – Al debutto al Tour de France arrivò terzo in classifica generale. Una serie di gravi incidenti però non rese a Marco la vita facile. Il primo incidente subito da lui gli causò la sua assenza al Giro d’Italia 1995. Pantani riuscì a recuperare per il Tour de France dello stesso anno dove arrivò tredicesimo in classifica generale. Disputò un grande campionato del mondo, che quell’anno si svolgeva in Colombia, arrivando terzo. Proprio quando sembrava destinato a lanciarsi per una carriera in crescendo fu vittima di un altro incidente: un fuoristrada lo colpì in pieno causandogli la rottura di tibia e perone. Nonostante le più buie ipotesi che ipotizzavano un’interruzione della attività agonistica Pantani rimise piede sulla bicicletta 5 mesi e 5 giorni dopo l’intervento che gli rimise in sesto la gamba. Nel 1997 durante il Giro d’Italia, dopo che si era trasferito nella squadra Mercatone Uno, la sfortuna lo colpì stavolta a causa di un gatto che gli attraversò la strada. Marco grazie ai suoi compagni che lo scortarono fino all’arrivo riuscì a terminare la corsa ma all’ospedale gli venne riscontrata la lacerazione di un centimetro nelle fibre muscolari della coscia sinistra. Così fu costretto ad abbandonare la corsa, però al Tour de France dello stesso anno si piazzò terzo posto, all’Alpe d’Huez percorse l’ascesa in 37 minuti e 35 secondi, un record rimasto ancora oggi storico.

I TEMPI D’ORO – Il suo anno milgiore è rappresentato dal 1998, quando il pirata mise a segno sia la vittoria del Giro d’Italia che quella al Tour francese. Per 16 anni Marco rimase l’ultimo italiano ad aver vinto il Tour, fino al 2014, quando Vincenzo Nibali si aggiudicò la vittoria della classifica generale, ma egli rimane comunque l’ultimo italiano a vincere Tour e Giro nello stesso anno. A fare ciò ci sono riusciti solo  Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain.

pantani 6LE ACCUSE – Il 1999 fu caratterizzato dall’episodio di Madonna di Campiglio che fu per Marco Pantani una brutta botta. Mentre stava disputando il Giro d’Italia, infatti, fu sospeso per 15 giorni a causa di una serie di eventi che agli occhi di Pantani si concretizzarono come un complotto. Jesús Manzano, citò Pantani in un’intervista esprimendo che egli facesse abitualmente uso di sostanze dopanti. Anche Renato Vallanzasca intervenne nella discussione mandando una lettera alla mamma del pirata e riferendole che un suo amico, habitué delle scommesse clandestine, avrebbe avvicinato proprio Vallanzasca cinque giorni prima del “fatto” di Madonna di Campiglio consigliandogli di scommettere sulla sconfitta di Pantani per la classifica finale, e assicurandogli che “il Giro non lo vincerà sicuramente lui”. Dopo che, mentre la lasciava la corsa accerchiato da media e carabinieri spaccò per la rabbia un vetro dell’albergo dove alloggiava, Pantani rinunciò a prendere parte al Tour de France di quell’anno e si rinchiuse sempre più in se stesso e nella sua casa dove cadde in preda alla depressione ed alla cocaina.  Lo stesso Lace Armstrong vincitore del Tour de France quell’anno dichiarò: “Io sto vincendo questo tour, ma se ci fosse Pantani lo vincerebbe lui”.

IL DECLINO – Le successive gare a cui partecipò Marco, un po’ per la sua condizione non ottimale a livello psicologico un po’ per alcuni problemi fisici, ebbero scarsi risultati. Pantani non riuscì più a trovare la serenità necessaria per tornare a correre. Il 21 giugno 2003 Pantani entrò nella clinica “Parco dei Tigli” di Teolo in Veneto, specializzata nella cura della depressione e della dipendenza da alcol, uscendone ai primi di luglio per continuare le cure con i medici personali.

Marco-Pantani-Tour-de-France-1998-positivo-EPOLA MORTE – Il 14 febbraio Marco Pantani morì, fu trovato morto in una stanza d’albergo dell’hotel “le Rose” di Rimini. L’autopsia sul suo corpo dichiarò che la morte fosse stata causata da un edema polmonare e celebrale causato da un overdose di cocaina. Nel 2014 la procura di Rimini ha riaperto il caso, archiviato come suicidio oppure overdose accidentale per la quale vennero condannati due spacciatori per omicidio colposo, ipotizzando invece il reato di omicidio volontario, come sostenuto dalla famiglia di Pantani, che crede che qualcuno abbia voluto morto il loro Marco per coprire qualche verità scomoda sul doping.

Marco è stato uno dei ciclisti su strada più forti al mondo. Possedeva caratteristiche da scalatore puro, nelle salite ritrovava il migliore se stesso. Rispetto agli altri che nelle alture rallentavano egli sembrava volare sui suoi pedali. Alla domanda da parte di un cronista che gli chiedeva: “come mai via così veloce in salita?” lui rispose “per abbreviare la mia agonia”. La morte di ciclista italiano più tormentato di sempre e le vicende che gli hanno condizionato la vita lo hanno portato anche ad essere molto amato non solo dagli appassionati di ciclismo. A lui sono stati dedicati libri biografici, canzoni e monumenti. Il pirata ha comunque lasciato un segno nel cuore di molti. Rispondendo alla domanda che ci si è posti all’inizio: “Pantani un uomo o una leggenda?”, rispondiamo “Marco è stato un uomo leggendario la cui storia deve essere raccontate a chi verrà”.

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